Il Times dipinge un ritratto impietoso del sistema universitario italiano e il ministro Gelmini non perde tempo per difenderlo. “I risultati danno clamorosamente ragione al governo – spiega in una nota il capo del dicastero di viale Trastevere – è finita un’epoca, bisogna avere il coraggio di cambiare”.
Stando ai numeri del supplemento del quotidiano britannico Times, Higher Education Supplement, le università italiane a comparire tra le prime 400 al mondo sono solo 7. Nel 2007 invece erano 9 e quasi tutte tra le prime 200. quest’anno invece a restare sotto quella soglia è il solo ateneo di Bologna, che passa però dalla posizione 173 dello scorso anno alla 192esima. Le altre sei sono: La Sapienza di Roma, il Politecnico di Milano, Padova, Pisa, Firenze e la Federico II di Napoli.
Già la classifica sugli MBA, comparsa qualche giorno fa, non dipingeva un quadro migliore. In sintesi si tratta di una stroncatura netta per l’università italiana, costruita in base a 6 indicatori che puntano soprattutto sul livello qualitativo della ricerca e sulle opportunità di lavoro offerte ai laureati. Inoltre sul risultato finale pesa anche il giudizio di oltre 6mila docenti di livello internazionale e oltre 2mila datori di lavoro del settore pubblico e privato sparsi in tutto il mondo.
“La classifica pubblicata dal Times – ha precisato la Gelmini in una nota – dimostra che il sistema universitario italiano vive una fase veramente difficile. I problemi sono strutturali e di sistema. Non sono, come qualcuno ha detto più per motivi di lotta politica che per una analisi tecnica della realtà, legati alla quantità di risorse che si investono nell’università. Questo è un falso problema. Tutti gli indicatori internazionali – continua la nota – stabiliscono che non c’è correlazione tra quanto si spende per l’università e la sua qualità. Il problema non è quanto si spende ma come si spendono i soldi dei cittadini. L’Italia spende come la Germania eppure ha un sistema universitario peggiore. Bisogna piuttosto – conclude il ministro – eliminare gli sprechi, le sedi e i corsi inutili, dobbiamo rivedere completamente la nostra università: è necessario renderla meritocratica”.
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