Da gennaio il servizio sarà gestito dallo Stato, che però assumerà solo 11mila degli attuali 16mila addetti L’allarme delle cooperative: costrette a licenziare e a pagare 80 milioni di indennità.
Nella scuola delle mille emergenze, con i presidi costretti a cercare i supplenti su Facebook e migliaia di precari che ancora aspettano di conoscere il proprio destino, si profila all’orizzonte anche il problema delle pulizie degli edifici. Sarà, infatti, un Capodanno amaro, quello del 2020, per 5mila addetti del settore. Come previsto dalla legge di Bilancio 2019, dal 1° gennaio il servizio non sarà più svolto, come avviene ora, da dipendenti di aziende e cooperative esterne, ma da personale assunto direttamente dallo Stato.
Il problema, sollevato dalle rappresentanze delle aziende (che oggi presenteranno un loro manifesto alla Camera) e anche dai sindacati, è che, rispetto agli attuali 16mila posti, la legge prevede la stabilizzazione di 11.263 lavoratori, creando quindi un esubero di 4.700 addetti circa. E questa è soltanto la prima di una serie di problematiche che, a giudizio di imprese e sindacati, la decisione del governo di internalizzare le pulizie delle scuole, creerà al sistema d’istruzione.
Tanto che già c’è chi teme il caos alla ripresa delle lezioni, dopo le vacanze di Natale. I criteri scelti per selezionare gli 11mila che, assunti dallo Stato, potranno continuare a svolgere il proprio lavoro, sono essenzialmente tre: essere in possesso di un’anzianità di servizio, nel settore, di almeno dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi; avere conseguito un diploma di scuola media; non avere carichi penali pendenti. Stando alle simulazioni effettuate dalle aziende e riportate in un dossier di Confcooperative Lavoro e Servizi, sarebbero almeno 7mila gli addetti non in possesso di questi requisiti.
Quindi, se questi numeri dovessero essere confermati, gli esuberi potrebbero essere ben più dei 4.700 preventivati. Inoltre, coloro che saranno assunti dallo Stato non avranno diritto all’anzianità di servizio maturata presso le aziende private, con una conseguente riduzione dello stipendio. Un taglio che potrebbe essere anche maggiore se, contestualmente, dovesse essere decisa la riduzione del monte ore lavorato.
Una situazione che, ricorda Confcooperative, si è già verificata nel 2014. Soltanto l’attivazione del programma “Scuole belle” evitò, allora, una riduzione del monte ore (e quindi dello stipendio) del 60%. Infine, ci potrebbero essere dei problemi anche a ricollocare i lavoratori nella provincia dove attualmente sono impiegati. Nel dossier si cita il caso di Napoli, dove, attualmente, gli addetti alle pulizie delle scuole sono circa 3mila, mentre i posti accantonati sono 2.100.
«Questa situazione è destabilizzante per le imprese, per i lavoratori e anche per la scuola», denuncia Massimo Stronati, presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi. Che ricorda come, in vista della cessazione, il 31 dicembre, dei contributi per il servizio di pulizia, le aziende abbiano già attivato, il 30 settembre, la procedura di licenziamento collettivo di tutti e 16mila i lavoratori coinvolti. «E il rischio – denuncia Stronati – è che, alla fine, saremo anche costretti a pagare la Naspi, l’indennità di disoccupazione, nonostante a licenziare sia, di fatto, lo Stato e non le nostre imprese. Se dovesse riguardare soltanto i lavoratori in esubero, si tratterebbe comunque di una cifra compresa tra i 24 e i 33 milioni di euro. Se, invece, dovesse riguardare tutti i lavoratori, compresi anche gli internalizzati, il contributo delle aziende potrà arrivare a 80 milioni di euro. Insomma: oltre il danno, per la perdita di una fetta importante di mercato, anche la beffa finale. Proprio non ci siamo».
Di vicenda «grave, paradossale e ridicola», parla il presidente di Anip-Confindustria, Lorenzo Mattioli. Che introduce un ulteriore elemento di criticità. «Alla luce del calo demografico importante che sta interessando l’Italia – ricorda – si stima che, entro il prossimo decennio, la nostra scuola registrerà un calo di un milione di studenti e la chiusura di intere sedi scolastiche. E i lavoratori assunti ora che cosa faranno? Nostre simulazioni dicono che tutto ciò potrà costare alle casse dello Stato fino a 2 miliardi di euro». Il direttore di Legacoop Produzione e Servizi, Fabrizio Bolzoni, ricorda, invece, che il «core business del Miur non è organizzare i servizi di pulizia, ma la didattica», ribadendo come, in questi anni, sia cresciuto «uno specifico settore» per le attività di facility. Che, con questa decisione, rischia di subire un colpo mortale.
«È sicuramente un passo indietro sotto tutti i punti di vista», aggiunge Bolzoni. Favorevole all’internazionalizzazione, per ragioni organizzative, è, invece, la Cisl Scuola che, con la segretaria generale Maddalena Gissi, solleva comunque la questione degli esuberi. «Non è un problema che può risolvere la scuola – ricorda –. Per questo, da mesi, chiediamo al governo di farsi carico del ricollocamento di tutti i lavoratori. Finora non siamo stati ascoltati. E ormai il tempo stringe».
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