Robot per assistere alla riabilitazione: la ricerca del Politecnico di Milano con i fondi Prin

La ricerca di Emilia Ambrosini ha l’obiettivo di “sviluppare un sistema di controllo cooperativo tra stimolazione elettrica e robot”

I robot riabilitativi non sono una novità. I primi prototipi nascevano negli anni Sessanta. Nel 2013, il sistema HAL (Hybrid Assistive Leg) sviluppato dall’Università di Tsukuba, in Giappone, è stato il primo esoscheletro motorizzato a ottenere una certificazione CE per l’uso clinico in Europa. Oggi la riabilitazione tramite piattaforme robot è diventata frontiera di ricerca, come il progetto della ricercatrice Emilia Ambrosini del Politecnico di Milano, vincitrice under 40 dei fondi Prin del ministero dell’Università e della Ricerca con un progetto che integri all’interno di una piattaforma robotica la stimolazione elettrica funzionale a scopo riabilitativo.

“Dal dottorato a seguire ho lavorato tanto sulla stimolazione elettrica funzionale muscolare per il recupero dell’abilità motoria nei pazienti neurologici. Post ictus, ischemie e così via – racconta la ricercatrice a Corriereuniv.it -. Negli ultimi anni mi sono occupata, insieme ai colleghi del Dipartimento di Meccanica, di studiare l’integrazione all’interno di piattaforme robotiche perché da un lato essa ha benefici sia a livello periferico che a livello di sistema nervoso centrale, di contro ha problemi di affaticamento precoce e difficile capacità di controllare il movimento”.

Il progetto di ricerca

“Ci siamo orientati nella compartecipazione all’interno della piattaforma robotica, sia questa volontaria, se la persona ha capacità residua, sia indotta, attraverso la stimolazione elettrica – spiega Ambrosini -. Per far ciò useremo un esoscheletro degli arti superiori a quattro gradi di libertà. L’idea è quella arricchire il tutto con un sistema di “intention-detection”, andare a dedurre l’intenzione di movimento della persona partendo dalla elettromiografica residua. Oltre al laboratorio del Politecnico di Milano, saranno coinvolti laboratori dell’Università Roma Tre e dell’Università di Messina, dov’è il mio co-responsabile, Cristiano De Marchis. In modo corale gli altri due laboratori lavoreranno sulla parte di sviluppo delle strategie motorie e detezione dell’intenzione, definendo da un lato dei tempi fisiologici di attivazione del soggetto sano che io cercherò di replicare con la strategia di controllo della stimolazione e dall’altro cercando di avere gli input della persona che vogliamo andare a riabilitare”.

Le criticità dei fondi Prin non mancano. Il progetto è stato scritto nel marzo 2022, oltre 1 anno per ottenere una risposta. “Le valutazioni dovrebbero essere più rapide – afferma la ricercatrice – come avviene per i bandi europei la cui accettazione è sull’arco temporale dei sei mesi, anche prima. Inoltre la durata biennale dei fondi non rende facilissimo il reclutamento di uno studente di dottorato di ricerca da utilizzare a questo scopo vista la durata minima triennale del percorso”. Sullo stato della ricerca in Italia, invece, Ambrosini evidenzia il virtuosismo del proprio Ateneo “capace di avere una finestra preferenziale di attrazione di fondi non necessariamente nazionale, come i fondi europei, che nella mia esperienza ci hanno permesso di portare avanti tanta ricerca – afferma -. Questo poi è un momento storico strano, quasi drogato dai tanti fondi Pnrr e, vista la rapidità con cui sono stati reclutati molti profili in base ai grandi progetti di ricerca ci si pone la domanda di cosa succederà tra tre anni quando queste risorse finiranno e se si riuscirà ad andare oltre al Piano nazionale di ripresa e resilienza”.

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