“L’AIE (Associazione Italiana Editori), in merito al recente decreto dedicato alle scelte dei testi scolastici, firmato dal ministro Profumo, tiene a precisare che il ministro stesso non ha affatto convinto gli editori della “bontà” di quanto in esso previsto.
Anzi, il testo liberato dal Ministero dimostra come Profumo non abbia in alcun modo tenuto conto delle concrete obiezioni,
perplessità e osservazioni avanzate dagli editori. Le ragioni sostenute dall’AIE, molte delle quali si ritrovano nelle recenti prese di posizione delle associazioni dei genitori, non erano rivolte solo a sottolineare le gravi conseguenze che si ripercuoteranno sull’intera filiera (editori, grafici, cartai, librai, agenti, …).
Gli editori hanno fatto rilevare l’insufficienza infrastrutturale delle scuole (banda larga, WiFi, dotazioni tecnologiche…), rappresentata, con dati e confronti molto eloquenti, poche settimane fa dall’indagine dell’OCSE, voluta dallo stesso Ministero; hanno richiamato l’attenzione per le pesanti ripercussioni sui bilanci delle famiglie, sulle quali si vogliono far ricadere i costi di acquisto delle attrezzature tecnologiche (pc, portatili, tablet, …), quelli della loro manutenzione e quelli di connessione, che nelle altre esperienze europee e degli altri paesi a ovest e a est dell’Europa sono solitamente affrontate con consistenti finanziamenti pubblici”.
E’ quanto scritto in una nota dall’Aie, Associazione italiana editori, in risposta al decreto ministeriale che introduce l’obbligo di uso dei libri digitali e di quelli in formato misto nelle scuole sin dall’anno 2014/2015.
Gli editori italiani non ci stanno e sostengono che il provvedimento sia inattuabile, dal momento che nelle scuole continua a persistere una notevole carenza di strumenti informatici adeguati. Banda larga, wi fi, dotazioni tecnologiche, sarebbero secondo loro un vero e proprio miraggio.
Hanno parlato inoltre di limitazione dell’”autonomia delle scuole” e di violazione del “principio costituzionale della libertà dell’insegnamento”. L’Aie sostiene che potrebbero esserci “pesanti ripercussioni sui bilanci delle famiglie”. E non solo: teme persino un “uso massiccio di dispositivi tecnologici” in una fase della crescita delicata.
AZ