Sempre più estreme diventano ormai le modalità di mobilitazione di docenti e ricercatori nelle Università italiane a ridosso dell’approvazione della riforma Gelmini. Di questo hanno voluto dare ragione ieri i presidi della facoltà umanistiche de “La Sapienza” presso l’aula 1 della sede di Lettere e Filosofia, attraverso un conferenza stampa che ha informato del loro dissenso sulle leggi che andranno a breve a coinvolgere il sistema universitario in maniera sostanziale.
Molti gli argomenti affrontati in un clima legittimamente teso, specie quando a parlare è stato chi ha la responsabilità di tutelare le intere parti dell’ateneo, il rettore Luigi Frati. Le sue dichiarazioni sono forti e decise: un’ imminente cernita su quel 10% di ricercatori che non producono nulla e un totale riassetto dell’intero ateneo; preoccupato per gli studenti, definisce “folkloristica” l’iniziativa di alcuni docenti di Lettere e Filosofia che vogliono riprendere la sessione d’esami in notturna dopo il blocco delle prime date di luglio. La prima notte degli esami, infatti, sarà il 13 al calare del sole e continuerà fino alle 5 del mattino. Una presa di posizione probabilmente radicale, ma come non protestare di fronte a dei numeri sconcertanti: il Preside della Facoltà di Scienze Umanistiche, Roberto Nicolai, denuncia che solo l’ateneo romano perderà nei prossimi cinque anni più di un terzo dei docenti in quanto andranno in pensione e il blocco del turn over non consentirà nuove assunzioni, con difficoltà evidenti nella didattica.
L’unico scenario possibile, già a partire dal prossimo anno accademico, è il numero programmato per quei corsi di laurea cosiddetti “affollati” poiché la richiesta d’iscrizioni non può essere soddisfatta dal corpo docente disponibile. Numero “programmato”, dunque, e non “chiuso”, sostanziale differenza terminologica che indica un numero limitato d’iscritti non in rapporto alle richieste del mercato del lavoro, ma per mancanza di fondi a disposizione per l’organizzazione didattica. Il tutto a dispetto dell’art. 33 e 34 della Costituzione che sanciscono il diritto al studio.
Se il governo non ascolta, il prossimo anno accademico potrà subire una grossa destabilizzazione: l’adesione dei ricercatori che non si faranno carico di nessun insegnamento infatti, è già al 70% ed in aumento. A serio rischio, dunque,l’attivazione di moltissimi insegnamenti, in particolare per i corsi del primo anno triennale e magistrale nel tentativo di non coinvolgere le altre annualità.
Una situazione precaria per cui è necessario un intervento rapido a favore dell’organo docente e dei futuri professionisti del nostro paese.
Segue l’intervista alla docente Federica Casalin, ricercatore di letteratura cinese presso la facoltà di Studi Orientali.
Giuliano Levato
Le Scienze Umanistiche "sul viale del tramonto"
I presidi della facoltà umanistiche de “La Sapienza” hanno informato del loro dissenso sulle leggi che andranno a breve a coinvolgere il sistema universitario in maniera sostanziale.