Le colleghe della ragazza morta in università: “Il suicidio non si decide in pochi minuti, è il carico che la società ci butta addosso per anni”

La lettera aperta alla studentessa morta: “Questo sistema universitario non è in grado di insegnarci che non siamo numeri ma persone”

La storia della giovane studentessa trovata morta nell’Università IULM di Milano ha scosso il mondo accademico e non solo. Soltanto lo scorso 7 ottobre era stato ritrovato il corpo di uno studente di 23 anni iscritto alla facoltè di Giurisprudenza di Bologna, probabilmente morta suicidia. La ragazza, nata a Milano e di origini sudamericane, è stata trovata con una sciarpa attorno al collo, con una estremità legata alla porta nei pressi delle aule studio.

“Purtroppo la notizia non è isolata. Negli ultimi anni abbiamo visto il progressivo deterioramento della salute mentale, anche a causa di una costante pressione sociale che impone un modello sempre più performativo – ha affermato Camilla Piredda, coordinatrice dell’Unione degli Universitari -. Denunciamo come il sistema universitario non solo sia incapace di ascoltare e supportare coloro che manifestano difficoltà durante il proprio proprio percorso di studi, ma anzi li sottoponga a uno stress continuo, a delle aspettative sempre maggiori. Sul fronte del supporto psicologico, poi, vi sono soltanto servizi di counseling che, da soli, non possono affrontare appieno le esigenze e i bisogni psicologici della popolazione giovanile”. 

La lettera delle compagne di corso

In giornata, alcune studentesse dello IULM che avevano conosciuto la studentessa hanno scritto una lettera, chiedendo alle istituzioni e alla stampa rispetto per il fatto e sollecitando una profonda riflessione sulle motivazioni che hanno spinto a un gesto così estremo. Tra i passaggi salienti, ne riportiamo alcuni: “Non possiamo tacere davanti all’ennesima giovane che mette fine alla propria vita a causa del proprio percorso universitario.  Ci viene chiesto perennemente di ambire all’eccellenza, ci viene insegnato che il nostro valore dipende solo ed esclusivamente dai nostri voti. Questo sistema universitario continua e continuerà ad uccidere. Serve prevenire, serve costruire un sistema accademico ed universitario in grado di insegnarci che non siamo numeri ma persone”.

Continua la lettera con una riflessione sul tempo: “Tempo, una costante nella vita dei giovani, che studino o meno. La pressione che non viene mai alleviata. Togliersi la vita però non è dovuto da una decisione momentanea. Non ci si impiega certo tre minuti. No, è il risultato di un carico che si porta da mesi, o anni che la società ci butta addosso senza mai voltarsi indietro a controllare il nostro stato di salute. Non ci si può fermare mai. Neanche davanti a un atto tragico che non coinvolge solo la sfera personale, ma più che mai sociale. Siamo costantemente costretti a soddisfare delle aspettative, raggiungere dei numeri. Altrimenti sei lasciato indietro, fuori dal sistema, non vali abbastanza. Al fianco delle studentesse della IULM, al fianco di chi si sente oppressa o oppresso”. 

“Chiediamo che questi tragici episodi non cadano nel vuoto. Le parole scritte dalle studentesse devono essere ascoltate. Da troppo tempo le nostre richieste vengono ignorate dalla politica, che preferisce parlare di un senso distorto del merito anziché di inclusione, ascolto e supporto psicologico – conclude Piredda -. C’è una sofferenza, un’ansia diffusa che viene costantemente ignorata: quando le istituzioni si renderanno conto che è arrivato il momento di cambiare narrazione, intervenendo con risorse e strumenti adeguati di supporto agli studenti?”.

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