Dott. Borgna come descriverebbe il mondo del turismo, dell’hospitality?
La mia vita, un mondo estremamente affascinante, la base più solida sulla quale dovrebbe poggiare questo paese. Purtroppo, siamo ben lontani da questo scenario ideale. Rispetto ad altri settori, la digitalizzazione, i modelli di leadership, l’approccio nel controllo di gestione, sono davvero old-fashioned. Le campagne di destinazione inoltre spesso gestite in maniera confusonaria senza un vero obiettivo ma con un fine soltanto “politico”. Insomma, nel nostro lavoro come nella vita in generale, i metodi “acchiappalike” orfani, alla base, di una visione strutturata e di expertise di livello, non ti portano da nessuna parte. Tuttavia, il famoso “wind of change” si inizia a sentire. I vecchi modelli del passato stanno pian piano lasciando spazio alle idee più fresche delle nuove generazioni e l’avvento del Covid ha velocizzato questo processo. Tanti luoghi, fino a poco tempo fa in Italia, “bastava che aprissero le porte e si riempivano”, detto alla toscana. Ma ora si prospetta un futuro molto più competitivo dove sarà necessario un approccio diverso.
La sua scelta professionale è stata casuale o sognava di fare proprio questo mestiere?
Direi casuale. Formazione da programmatore informatico, una laurea in Psicologia del Lavoro ed una in HR Management con, nel frattempo, due master in Marketing. Da circa 15 anni mi occupo di digital (nel lontano 2006 rilanciavo uno dei primi blog di viaggi della rete). E 6 anni fa, dopo una manifestazione di grande successo a Montecatini Terme (la Città del Natale, la prima in Italia) per la quale curavo tutta la “marketing-side”, fui contattato dal proprietario del più importante albergo di Montecatini (e, fino a qualche anno fa, d’Italia). Iniziai con i social per poi guadagnarmi, dopo pochi mesi, tutta la parte Sales&Marketing. Da lì mi son innamorato di questo lavoro, grazie a Montecatini e al Grand Hotel & La Pace, l’albergo dove hanno soggiornato i più grandi di tutti i tempi. Dopo due anni, decisi di lasciare Montecatini alla volta della Sardegna per seguire il mio maestro Andrea Prevosti: con il gruppo Falkensteiner ho trascorso 3 meravigliosi anni che mi hanno portato da marketing manager della meravigliosa struttura di Villasimius alla carica di Area Marketing Manager con un portafoglio di 4 bellissime destinazioni. Poi, a 33 anni, è arrivata una chiamata alla quale non si poteva dire di no: il gruppo Talassio, con il Grand Hotel Alassio come capofila delle proprietà, mi propose la direzione generale e un posto nel Consiglio di Amministrazione. Ed eccoci qua, dopo un anno e mezzo e con un percorso di carriera repentino, davvero felice.
Che tipo di formazione, di percorso suggerirebbe ai tanti giovani che guardano al turismo come un settore di approdo?
Suggerisco sempre di essere affamati, come disse qualcuno decisamente più bravo e illuminato di me. La propria sfera professionale deve avere un minimo di verticalità ma, per fare il manager, si deve poter avere accesso ad uno sviluppo intellettuale e di expertise a largo raggio. Il mio percorso di studi, ad esempio, è decisamente sui generis ma mi ha conferito un approccio open-minded ed una formazione ampia che mi permette di adattarmi al meglio ad ogni tipo di situazione. Per fare il manager, percorsi come Giurisprudenza, economia o, meglio ancora, ingegneria gestionale, sono sicuramente perfetti. Ma adesso vi stupirò: potessi tornare indietro, farei filosofia. Mi sono appassionato nel post-laurea alla materia ed ho capito che, alla base di tutto, c’è quella. E se la fai tua, vai dappertutto.
Quali sono le qualità a cui guardano le imprese del settore quando devono assumere una risorsa?
Personalmente, la capacità di lavorare in squadra. In un mondo poco orizzontale come quello alberghiero, quell’attitudine è assolutamente necessaria perchè, altrimenti, non si lascerà mai questa logica molto militarizzata. Da soli, non si va da nessuna parte. Le competenze sono importantissime ma tra una persona super preparata ma poco “guest-oriented” ed una con meno expertise ma con più luce negli occhi, scelgo la seconda. Sulle competenze ci si lavora, su altre cose meno. Poi, le lingue: capita spesso di trovare nei CV livelli di inglese importanti ma poi, nella realtà, difficoltà nell’articolare un discorso di senso compiuto. Questo non va bene.
Quali sono le figure professionali maggiormente richieste e quelle introvabili?
Trovo che ci siano molti “operativi” e poche persone orientate alla/dalla comunicazione. A volte, si pensa che la comunicazione sia prerogativa soltanto dei marketers. Non è così: un bravo cameriere con un bel modo di comunicare sarà in grado di fare la differenza molto più degli altri. Così come tutti gli altri ruoli. Riportiamo l’ospite al centro e raccontiamogli bene cosa stiamo facendo per lui. Una figura che si trova poco? I bravi Financial Controller, sono pochissimi e non sapete quanto valore aggiunto siano in grado di dare alla causa aziendale. Poi, bravi social media manager: trovarli con un certo tipo di gusto e attenzione ai dettagli è quasi impossibile. E nel lusso è tutto.
L’esperienza pandemica ha penalizzato molto il vostro settore, per il futuro è ottimista?
Molto ottimista. L’Italia è una repubblica fondata sul turismo e il mondo del lusso sta avendo una crescita esponenziale. Sono sicuro che con il Recovery Plan ci sarà una ripartenza potente ed un cambio di marcia di un settore che deve fare da traino a tutto il paese. I mezzi ci sono, l’entusiasmo dei giovani anche, vediamo se chi regge il manico, per una volta, riuscirà a farlo nel modo giusto.
Mariano Berriola
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