La Statale al voto, Gatta: “Migliorare i corsi abbattendo la burocrazia e semplificando le procedure per i docenti”

Il prof. di Diritto penale: “Maggiori risorse per la ricerca, rinnovamento tecnologico e migliori servizi per la didattica per ambire ancora più all’eccellenza”

“Più risorse alla ricerca, rinnovamento tecnologico, maggiori spazi e supporto per la didattica: il benchmark della Statale deve essere quello delle prestigiose università della League of European Research Universities”. Parola di Gian Luigi Gatta, professore di Diritto penale, terzo e ultimo intervistato da Corriereuniv.it per la corsa alla carica di Rettore dell’Università degli Studi di Milano. Insieme a lui si contendono lo scranno più alto del più grande ateneo pubblico milanese la prof.ssa Marina Brambilla e il prof. Luca Solari.

Già consigliere della ministra Marta Cartabia durante il Governo Draghi e vicepresidente della Scuola Superiore della Magistratura, Gatta ha costruito il suo percorso alla Statale fin da quando era studente, poi senatore accademico, fino a diventare direttore di dipartimento. Le votazioni inizieranno il 3 aprile. Sei anni fa erano serviti tutti e tre i turni per quelle che erano state battezzate come “le elezioni più tese e ricche di colpi di scena della storia della Statale” tra sorpassi, alleanze e battaglia all’ultimo voto. Ago della bilancia fu il personale tecnico e amministrativo.

Professore quali sono le tre priorità che lei attuerebbe per far crescere come ateneo europeo l’Università degli Studi di Milano?

Le università vivono in osmosi con il territorio e Milano è una grande città europea. Nel candidarmi alla guida del più grande degli otto atenei milanesi che fanno parte della CRUI, sono consapevole di quanto sia importante, ancor più come università pubblica, ambire a fare ricerca e formazione di eccellenza, secondo i migliori standard europei. Il nostro benchmark deve essere quello delle prestigiose università che, come noi, fanno parte della LERU (League of European Research Universities).

Le tre priorità in questa direzione a mio parere devono essere: un complessivo rinnovamento tecnologico dei laboratori, delle strumentazioni e delle risorse per la ricerca, anche in area umanistica; un ampliamento e un ammodernamento degli spazi per la didattica e per gli studenti, con sale studio sempre più aperte la sera; il miglioramento dei servizi di supporto per la didattica e per lo scambio con l’estero di studenti, docenti, dottorandi e personale tecnico, amministrativo e bibliotecario. Non dimentichiamo poi che la Statale non è solo a Milano. E’ anche a Lodi, con Veterinaria, e a Edolo, con Unimont.

L’Italia ha un gap da recuperare sull’internazionalizzazione, qual è la sua proposta per migliorare questo aspetto per La Statale?

Il paradosso è che in Italia formiamo alcuni tra i migliori ricercatori del mondo, che contribuiscono al successo di università straniere, eppure le nostre università hanno un ranking internazionale medio-basso. Questo perché siamo poco attrattivi per gli studenti stranieri. Dobbiamo investire sulla cooperazione internazionale e sui network, ampliare l’offerta formativa in lingua inglese e pubblicizzarla meglio, dare supporto linguistico a chi voglia imparare l’italiano, migliorare i servizi di accoglienza degli stranieri e le possibilità di alloggio in residenze. E’ e sarà sempre più essenziale in una città con i costi di Milano e sono convinto che sia importante collaborare con gli altri atenei, a partire da quelli pubblici.

MIND e Città Studi, in che modo pensa di far vivere questi spazi?

Dobbiamo iniziare a scrivere la storia del secondo centenario della Statale. Il nostro fondatore, Luigi Mangiagalli, fu così visionario da realizzare un campus a Città Studi, ai margini della città di allora. Mi candido per contribuire, come Rettore, a ridisegnare il volto di Milano città-universitaria. A Città Studi resterà un polo scientifico (Informatica e Matematica) e costituiremo due nuovi poli: uno umanistico (Beni culturali) e uno delle scienze politiche, economiche e sociali. Chi pensa che abbandoneremo Città Studi sbaglia: la riqualificheremo e valorizzeremo, in un’area della città bisognosa di rinnovamento, in cui conviviamo con il Politecnico. A MIND realizzeremo finalmente un campus avveniristico, una struttura unica in Italia che attirerà studenti e ricercatori da tutto il mondo. La scelta del trasferimento è definitiva e chiunque sarà Rettore dovrà attuarla: abbiamo preso impegni economici e ricevuto finanziamenti. Siamo purtroppo in ritardo rispetto a un progetto approvato sei anni fa e per il quale i lavori sono ancora in fase di avvio.

Chi pensa che faremo un trasloco in periferia non conosce il progetto: andremo come università pubblica in un distretto dell’innovazione e potremo collaborare con altre realtà nei settori della formazione, della ricerca (come Human Technopole), del trasferimento tecnologico e dell’assistenza sanitaria. La nostra ambizione è di essere il motore dello sviluppo di una nuova area della città metropolitana, dove porteremo 20.000 studenti. Sarà fondamentale lavorare subito con Comune e Regione sui collegamenti e sui trasporti e aprire un tavolo sul trasferimento con il nostro personale tecnico, amministrativo e bibliotecario, all’insegna dell’ascolto delle esigenze e della più ampia condivisione delle decisioni.

Come intende migliorare i servizi per gli studenti e quali saranno i suoi rapporti con le loro rappresentanze?

L’università deve essere un luogo per gli studenti e degli studenti. I nostri servizi devono essere migliorati: penso alle mense (quella di Città Studi è chiusa da anni), ai punti ristoro, alle residenze (i posti sono ancora pochi, anche a Lodi), ai servizi informativi, alle app, all’orientamento, al job placement. Non solo, penso ad iniziative di campus engagement volte a fare dell’università un luogo che metta in comune scienza, cultura, benessere e sport, valore civile e sociale, coinvolgendo tutta la comunità in un fermento di iniziative che alimentino interessi, curiosità e passioni, promuovendo la migliore formazione delle nuove generazioni, che devono costruire un futuro sostenibile: un mondo di pace, solidarietà, salute e progresso. E penso a una forte sinergia con la città, anche attraverso un sistema di convenzioni col pubblico e col privato: studiare a Milano può e deve essere un’esperienza unica per le tante opportunità che offre la città ai suoi studenti universitari. I rapporti con i rappresentanti degli studenti saranno dunque fondamentali, anche a garanzia del diritto allo studio, che dobbiamo assicurare a tutti, a partire da chi ha meno possibilità. Siamo una università pubblica e difendiamo la nostra natura, della quale siamo orgogliosi.

Quali corsi dovrebbero essere potenziati tra quelli offerti dalla Statale?

Una priorità sarà lavorare sui servizi di supporto ai docenti nella didattica. Gli adempimenti amministrativi stanno sempre più opprimendo docenti e ricercatori, togliendo tempo alla didattica e alla ricerca. Fare il coordinatore di un corso o anche solo il componente della giunta assorbe troppo tempo ed energie. E’ vero anche per i corsi di dottorato, per le scuole di specializzazione, per i master e per i corsi di perfezionamento. Ridurre il peso della burocrazia, semplificare le procedure, essere più flessibili e veloci, supportare meglio i docenti sono le parole d’ordine del mio programma. Sono le cose che mi impegno a fare concretamente già nei primi mesi se sarò eletto. A medicina dovremo lavorare molto con gli ospedali per migliorare la situazione delle aule e le possibilità di tirocinio. Dovremo poi investire bene su organico e qualità del personale amministrativo di supporto alla didattica. E dovremo anche valorizzare il personale tecnico, indispensabile per la gestione dei laboratori. Si tratterà, non da ultimo, di razionalizzare l’offerta formativa aggiornandola alle nuove esigenze.

Qual è la sua proposta per migliorare la facoltà di Medicina e cosa pensa dell’accesso a numero chiuso?

La medicina universitaria della Statale contribuisce in modo decisivo al funzionamento e al livello qualitativo del sistema sanitario milanese. Basti pensare che un quarto dei dipartimenti dell’Ateneo afferisce alla Facoltà di Medicina, che ha oltre 700 professori e ricercatori. Se sarò eletto nominerò il Preside della Facoltà quale Prorettore per i rapporti con la sanità. E con lui, con la Facoltà e con gli attori istituzionali coinvolti, discuteremo anche delle politiche interne, regionali e nazionali in tema di sanità. Tre cose mi sono ben chiare: che va difeso il ruolo dell’università pubblica nella formazione dei medici, in una città in cui le università private sono in forte espansione; che le scelte politiche sul numero chiuso non possono prescindere da un realistico calcolo delle possibilità per gli studenti di imparare sul campo, negli ospedali, oltre che nelle aule (gli spazi non sono infiniti); che dobbiamo fare di tutto per evitare che i medici, come gli infermieri, vadano non solo all’estero, ma anche via da Milano, città che ha costi della vita elevatissimi. Dovremo lavorare molto con la Regione e con le direzioni generali degli ospedali.

Sul reclutamento di docenti e ricercatori quali sono gli aspetti che secondo lei andrebbero rivisti?

I concorsi universitari, tanto quelli per i docenti e i ricercatori quanto quelli per il personale tecnico amministrativo e bibliotecario, devono essere improntati al rispetto delle regole, all’imparzialità e alla valutazione del merito. Ciò detto, penso che il sistema dell’abilitazione scientifica nazionale debba essere rivisto, come anche per alcuni aspetti la disciplina delle procedure concorsuali. Da Rettore giurista potrei fornire un contributo di riflessione nella CRUI.

Imprese e laureati, come aumentare la possibilità di spendere il proprio titolo di studio una volta usciti dall’università?

Porrò da subito una particolare attenzione ai rapporti con i mondi dell’impresa e delle professioni. L’Università deve costruire ponti con il mondo del lavoro e generare opportunità, mettendole a sistema. E’ mia intenzione valorizzare il nostro centro per l’orientamento alle professioni, anche nella prospettiva del job placement, nonché la nostra offerta di stage e tirocini formativi. Penso che anche una rete di alumni, bene organizzata, possa contribuire a una migliore spendita del titolo, dopo la laurea. Per non dire poi delle sinergie con l’impresa offerte dalla formula del dottorato industriale. C’è tanto da fare e mi rendo disponibile, con entusiasmo, a farlo per la mia Alma mater. C’è tanta voglia di cambiamento in Ateneo, e la mia candidatura ne è espressione.

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