La Statale al voto, Brambilla: “Per favorire occupabilità dei laureati promuoveremo orientamento dedicato a soft skills”

“Per Medicina se dovessi essere eletta sono disposta a valutare gli incrementi necessari a fronte, però, di una adeguata programmazione”

Università degli Studi di Milano al voto dal 3 aprile. Continua la serie di interviste di Corriereuniv.it ai candidati al ruolo di rettore (o rettrice) dell’ateneo meneghino per il post Franzini. I candidati che si sono presentati alla corsa elettorale sono tre: Luca Solari, prof. di Organizzazione aziendale presso Scienze Politiche, Marina Brambilla, professoressa di Linguistica, e due uomini, Gian Luigi Gatta, prof. di Diritto penale.

Oggi intervistiamo l’unica donna tra i candidati, Marina Brambilla, professoressa di Linguistica tedesca, nel 2018 l’attuale rettore in carica, Elio Franzini, le ha affidato la delega ai Servizi alla didattica e agli Studenti. Potrebbe diventare la prima rettrice della Statale nel centenario dell’ateneo. Milanese, laureata alla Iulm, lavora da più di 20 anni alla Statale, in prima linea sia come docente sia nella governance e nella creazione dell’Osservatorio per il Diritto allo Studio.

Professoressa, quali saranno le tre periorità su cui si concentrerà maggiormente se dovesse diventare rettrice?

Competenze, digitalizzazione e rete. Queste le priorità di quello che immagino essere la nuova Statale di Milano. Sarà un ateneo che lavorerà alla valorizzazione di talenti, risorse e strutture, oltreché a investire sul vivere un’università di comunità. Sarà una Statale policentrica, e, dunque, si svilupperanno specifiche aree disciplinari e territoriali che dialogheranno insieme. Punteremo sulle persone e sulle loro abilità, investendo nell’attrarre docenti e ricercatori da tutto il mondo, ma anche incentivando la partecipazione a reti internazionali (come ad esempio con l’alleanza europea 4EU+, che quest’anno presidiamo). La trasformazione, invece, avverrà attraverso la digitalizzazione dei processi e dei servizi, nel miglioramento dell’accoglienza e dell’integrazione della comunità universitaria e nell’uso di una didattica sperimentale che abbatterà i confini. Questo porterà a un impatto sociale: grazie alla libera ‘circolazione dei cervelli‘. Da questa contaminazione l’Ateneo genererà l’avanguardia che serve per il futuro, con MIND e Città studi riconoscibili quali poli scientifici aperti e internazionali.

Sull’internazionalizzazione le università italiane hanno da sempre una carenza storica, come intende migliorare sotto questo aspetto il suo ateneo?

L’internazionalizzazione è un aspetto cruciale. Credo, però, che il tema non vada analizzato solo rispetto all’attrattività dell’università, ma che la soluzione risieda anche nel rendere più vivibile e accogliente Milano per studenti e ricercatori. Per richiamare giovani e studiosi, potenzieremo anche i servizi dedicati agli studenti e investiremo, grazie alla collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca e al lavoro fatto con Regione Lombardia e Comune di Milano, sul diritto allo studio. Aumenteremo, così, il numero dei posti nelle residenze studentesche, anche ospitando visiting professor e ricercatori stranieri. Inoltre fondamentale sarà riuscire ad accrescere i finanziamenti regionali, così da garantire la copertura delle borse di studio a tutti gli aventi diritto, che aumentano di anno in anno. Occorre investire sul futuro del nostro Paese e l’università rappresenta una casa dove germogliano le idee e lo sviluppo sociale ed economico europeo. Questa casa non deve avere barriere che ne impediscano l’accesso, anzi deve dotarsi di ogni strumento per agevolare l’ingresso a tutte e tutti. La Statale vuole dare spazio alle Margherita Hack del domani, anche se sprovviste, a oggi, di mezzi.

Come intende usare i nuovi spazi di MIND e Città Studi?

MIND e Città Studi sono parte di un progetto della Statale più ampio che include il Polo di Lodi, il Campus Veterinario, Unimont, l’Università della Montagna, e la Sede Storica e Centrale di Festa del Perdono. Sono tutti centri di saperi, ad alta qualità scientifica, che studiano discipline differenti e che hanno un forte legame e impatto territoriale, essendo aperti anche alla città per consolidare una cultura sociale. Se MIND sarà il Campus pubblico scientifico de La Statale e del trasferimento tecnologico, dato anche l’inserimento nel Distretto dell’Innovazione europea; Città Studi sarà il Campus delle Scienze Sociali e dei Beni culturali per progettare nuovi modelli di innovazione sociale, con musei e spazi d’arte (APICE, Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense e Filosofia). In entrambi i casi i progetti sono pensati per rispondere all’università del futuro, laddove la ricerca scientifica, con tecnologiche infrastrutture di ricerca, si integra a nuovi corsi e modelli didattici, sia in termini di interdisciplinarietà, sia nella fruizione ‘smart’. Credo, però, che, nella sperimentazione del futuro, la persona debba restare la nostra bussola, così come il valore pubblico debba sempre essere il timone de La Statale.

Gli studenti sono il fulcro della vita di un ateneo. Come intende migliorare i servizi a loro dedicati e quali saranno i suoi rapporti con le rappresentanze se dovesse essere eletta?

Ne sono così convinta che ho ideato e presiedo l’Osservatorio per il Diritto allo Studio della Statale. La partecipazione attiva degli studenti agli organi di governo è prevista da statuto, ma abbiamo pensato di rafforzare il dialogo in spazi appositamente dedicati, un luogo di confronto dove tutte le liste studentesche possono interagire direttamente con i rappresentanti del personale docente e tecnico e amministrativo, coinvolto anche sulla base delle necessità, così da rispondere, in modo sempre più efficace e diretto, alle loro richieste. Se sarò eletta, continuerò a perseguire la strada intrapresa e mi impegnerò, ancora di più, a mantenere aperto e trasparente il confronto. Lavorerò sugli aspetti più concreti e fondamentali della vita studentesca: dall’investimento dei servizi per le segreterie e la didattica, all’allargamento degli spazi del campus da dedicare alla socialità, e garantirò – nei fatti – il diritto allo studio. Il tessuto sociale formativo, che accoglie i nostri ragazzi – che passano gran parte del loro tempo tra scuola e università – deve essere un luogo di crescita espressiva e valoriale sicuro e protetto. Questo mi auguro non solo da madre, ma da docente e – spero – in futuro Rettrice.

Su quali corsi di laurea dovrebbe puntare maggiormente La Statale?

La nuova statale sarà uno smart campus, con trasformazioni e le tecnologie digitali, da vivere in presenza. Al centro del mio programma vi è la cultura all’apprendimento: offriremo un’offerta formativa rivolta a qualsiasi studente, di qualsiasi età e di qualsiasi estrazione sociale. Questo comporterà un dialogo tra la didattica tradizionale e le forme blended in un campus innovativo. Sarà, inoltre, importante favorire i corsi di studio interdisciplinari, unendo, in modo sistemico, le discipline legate alle nuove tecnologie e le scienze umane, con un approccio internazionale. Solo così riusciremo a formare i professionisti di cui oggi necessita il mercato, in uno scenario dove la transizione digitale ed ecologica stanno cambiando le prospettive professionali.

Imprese e laureati, cosa può fare La Statale per agganciare ancora di più la domanda del mercato con l’offerta dei laureati?

L’università ha una collaborazione con Assolombarda ma è solo una delle strade che La Statale può perseguire. Bisogna lavorare per creare legami sempre più stretti con il mondo delle imprese e delle aziende, rafforzando la partnership pubblico-privato a favore dei giovani studenti e ricercatori. Favorire l’employability dei nostri laureati è, certamente, al centro della missione de La Statale. Daremo spazio a un promuovere un orientamento dedicato alle ‘soft skills’, percorsi di self employment che educano ragazze e ragazzi a essere consapevoli dei propri talenti e ad accettare il cambiamento. Al pari delle capacità pratiche e delle nozioni che potranno apprendere, occorre sviluppare nei percorsi accademici e nella relazione tra l’ateneo e le aziende rapporti privilegiati e di scambi di risorse e conoscenze: uno strumento da rafforzare saranno, ad esempio, gli stage curricolari ed extra curricolari e i dottorati industriali per i ricercatori.

Come sarà la facoltà di Medicina sotto il suo mandato? Oggi la ministra Bernini sta cercado di portare a termine una riforma dei test insieme al Parlamento. L’Italia ha un problema di medici, molti giovani se ne vanno.

Se non vogliamo che in un prossimo futuro i giovani medici continuino a scegliere altri Paesi per svolgere la loro attività dobbiamo essere molto attenti nell’ampliare i posti in ingresso a Medicina. Infatti se l’aumento fosse troppo elevato (come sicuramente accadrebbe con l’eliminazione del test di ingresso), in poco tempo, ci troveremmo in difficoltà nel garantire prima di tutto un’adeguata formazione, con risorse e strutture adeguate, e, poi, posti di lavoro per tutti coloro che si laureeranno e si specializzeranno in Medicina. Non tutti, forse, sanno che il costo medio per la formazione di un medico specialista è di circa 250.000 euro e sarebbe ingiusto, dopo aver chiesto sacrifici alle famiglie e allo Stato, vedere queste ragazze e ragazzi costretti ad andare all’estero per trovar lavoro. La programmazione è un elemento centrale: negli ultimi anni un correttivo, anche se tardivo, è stato posto, passando dalle 3-5.000 borse/anno alle 16-18.000 borse/anno. In futuro, la programmazione dovrà essere affrontata con ancora maggiore attenzione e serietà. Sono disposta a valutare gli incrementi necessari, a fronte, però, di una adeguata programmazione.

Qual è la sua idea sul reclutamento dato che è un altro tema molto discusso anche a livello parlamentare?

Credo sia chiaro che occorra una riflessione seria, a livello legislativo, anzitutto, per dotare gli Atenei di strumenti aggiornati e più consoni al sistema universitario, che non è assimilabile ad altri comparti della pubblica amministrazione: la valutazione del merito scientifico e didattico è più complessa e il reclutamento non può rispondere a criteri astratti e rigidi, ma deve essere trasparente e coerente nell’evidenziare le capacità e le competenze della persona in linea con le strategie di sviluppo di ricerca, didattica e terza missione che gli Atenei autonomamente definiscono.

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