La scuola non funziona? Per Valditara è “tutta colpa del Sessantotto”

Il ministro dell’Istruzione e del Merito puinta il dito contro il movimento di maggio reo di “aver messo sullo stesso piano il messaggio di chi sta in cattedra, per insegnare, e le opinioni di chi sta sui banchi, per apprendere”

Tutta colpa del Sessantotto. Lo afferma il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che in un’intervista al quotidiano Libero afferma come “da metà degli anni Settanta non fa più da ascensore sociale e non consente un miglioramento delle condizioni familiari di partenza”. Sempre secondo il giurista ha portato anche alla “negazione dell’autorità, che è cosa ben diversa dall’autoritarismo: l’aver messo sullo stesso piano il messaggio di chi sta in cattedra, per insegnare, e le opinioni di chi sta sui banchi, per apprendere”. 

Scuola di qualità

Secondo il ministro il movimento di maggio “ha puntato sul livellamento, abbassando il livello di insegnamento, con la conseguenza che i più ricchi hanno potuto trovare via alternative per educare i propri figli mentre i figli dei più poveri si sono trovati imbrigliati in una scuola che ha perso la capacità di promuovere socialmente, offrendo opportunità di realizzazione professionale a tutti”. Colpa del Sessantotto il concetto di scuola come liberazione da ogni vincolo, “ha dato un duro colpo al merito, al rispetto del docente, e al livello qualitativo della scuola”. Ad esempio, oggi, “il 25% dei ragazzi lamenta di essere bullizzato sistematicamente” e Valditara non nasconde di ritenere necessario il ricorso ai lavori socialmente utili, “sono sempre più diffusi atteggiamenti aggressivi verso i docenti da parte di genitori. Anche qui dipende dalla crisi della autorevolezza sociale della figura del docente, e dalla assenza di una cultura del rispetto”. 

Più formazione tecnica

Per la scuola di domani Valditara immagina “percorsi formativi il più possibile ritagliati sul singolo, facendo emergere le abilità di ciascuno, anche introducendo docenti tutor che seguano chi ha più problemi ma pure chi va più veloce e magari in classe si annoia. Importante è che la scuola sappia orientare lo studente a fare le scelte formative giuste”. La scuola, rileva il ministro, “è ritornata classista, io la voglio aperta e mobile. Oggi il 58% dei ragazzi italiani va al liceo, mentre in Svizzera e Germania ben l’80% dei ragazzi fa apprendistato o frequenta scuole tecniche e professionali. Noi abbiamo svalutato la formazione tecnica, ritenendola di seconda categoria, quando invece è il pilastro del sistema produttivo. Bisogna farla diventare un canale formativo di serie A, costruendo una filiera unica che vada dalla formazione fino all’istruzione tecnica superiore, parallela all’università e che renda anche questo tipo di insegnamento di alto livello”. Il ministro pensa di coinvolgere anche le aziende nel processo formativo dei ragazzi: “Faremo un’importante riforma della scuola tecnico-professionale. In Italia ci sono un milione e 200mila posti di lavoro, che non vengono occupati per mancanza di competenze tecniche. Il 46 per cento delle aziende non trova qualifiche adeguate. Le imprese vanno coinvolte e, laddove siano necessarie qualifiche specifiche, le scuole devono poter assumere docenti tratti dalle imprese”.

Intanto striscioni contro i tagli alla scuola sono comparsi davanti alla sede del Ministero a Roma: nella notte, Blocco studentesco ha affisso uno striscione con la scritta “Continua il gioco dei bugiardi, meno 4 miliardi” per protestare contro le politiche della scuola. “Il Blocco Studentesco ha la memoria lunga – scrivono gli studenti in una nota – e non si lascia di certo ingannare dalle false promesse del ministro Valditara. Per questo abbiamo affisso nella notte diversi striscioni: davanti al liceo Augusto, all’istituto Carlo Cattaneo, al liceo Machiavelli e al Ministero. Tutti contornati da alcuni manichini impiccati che rappresentano l’istruzione, martoriata e uccisa da tanti governi, compreso quello attuale”.

Il modello tedesco

Valditara dice di ispirarsi al “modello scolastico mitteleuropeo, tedesco, in particolare”. E spiega: “Primo, aiutare i genitori nella scelta delle scuole. Tra qualche giorno spedirò una lettera alle famiglie per l’orientamento dei figli, informandole, provincia per provincia, delle opportunità lavorative e professionali più concrete nei rispettivi territori”. Poi c’è il tema dell’istruzione legata al reddito di cittadinanza: “Vorrei mandare a scuola chi non ha completato l’obbligo scolastico e chi tra i 18 e i 29 anni non lavora, non si forma, non studia: sono 360mila giovani. Se il reddito di cittadinanza deve essere un’occasione di riqualificazione professionale, non può prescindere dalla scolarizzazione”. E ancora: “Ben 140mila percettori del sussidio sotto i 30 anni hanno la licenza media, alcuni hanno fatto solo le elementari o niente. Bisogna riportarli in classe” dice il ministro, “mi creda, contro la povertà è più utile una scuola di cittadinanza piuttosto che un reddito di cittadinanza”.

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