La prof della figlia di Matteo Messina Denaro: “Studiosa ed educata. Non partecipò ad un’iniziativa a scuola contro la mafia”

Fabiana Cusumano per qualche tempo è stata la professoressa di Lorenza Alagna, la figlia del capo di Cosa Nostra, al liceo scientifico di Castelvetrano. “Se lei abbia rinnegato il padre? Non l’ho mai detto. Evidente il suo tormento interiore”.

“Lorenza era una ragazza studiosa, attenta in classe, ben educata, forte e determinata. Lei stessa una volta mi disse: “Per voi può essere uno stragista, un criminale, un super boss. Per me resta mio padre”. Ho capito tutto il suo dolore. Consapevole di essere figlia di un boss, ma attraversata dall’amore imprescindibile per un genitore, chiunque esso sia, anche un mafioso”. A parlare è Fabiana Cusumano, professoressa d’italiano che per qualche tempo seguì Lorenza Alagna, figlia dell’ex latitante numero uno in Italia Matteo Messina Denaro, al liceo scientifico di Castelvetrano in Sicilia.

L’intervista in tv contestata

Oggi la docente, che fu per un solo mese la supplente della ragazza, racconta le sue impressioni in un’intervista al Corriere della Sera dove specifica di non aver mai detto che Lorenza avesse “rinnegato” il padre. Particolare, quest’ultimo, che sarebbe stato smentito dai legali della famiglia di Messina Denaro dopo che la stessa professoressa nei giorni scorsi ha rilasciato una intervista in televisione.

“Mai detto che avesse rinnegato il padre”

“Io non l’ho mai detto. Ho invece apprezzato il fatto che Lorenza non abbia mai avuto rapporti con lui, nonostante vivesse questo disagio e il dolore nel sapere chi fosse. Mi interessa tutto ciò per parlarne con gli allievi di oggi, per indicare loro la dritta via che non può mai convergere con quella dei mafiosi, anche se sono parenti, padri, fratelli”.

Quell’assenza a scuola

Nell’intervista la docente racconta anche un episodio abbastanza emblematico: ovvero l’assenza a scuola di Lorenza proprio in una giornata dedicata proprio alla lotta alla mafia. Con il cugino Francesco Panicola, altro ragazzo d’oro, si assentarono durante una giornata dedicata all’antimafia, il preside li redarguì – ricorda la professoressa – Io parlai con loro cercando di capirne il tormento, un vissuto traumatico. E si aprirono. Utile per alimentare ancora oggi un dibattito in classe, per scuotere i giovani in questa soffocante Castelvetrano. Il nome del boss in paese non poteva essere neanche pronunciato. Io l’ho sempre fatto e ho sempre parlato di mafia e di legalità in classe, del coraggio di dire la verità, di non girare lo sguardo altrove, per paura, con un atteggiamento omertoso”.

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