LA POLEMICA – “Gli studenti universitari? Fannulloni e impreparati. Altro che merito…”

studenti universitari

“Gli studenti universitari? Ignoranti in storia, geografia e letteratura. Quando parlano di meritocrazia non sanno nemmeno cosa dicono. Sono protetti da genitori e battuti dai compagni stranieri”. 

Fanno discutere le parole di Fabiana Giacomotti su Lettera43. “Il numero di studenti universitari provvisti all’apparenza di curricula impeccabili, in realtà incapaci perfino di coniugare correttamente i verbi, è infatti aumentato secondo progressioni geometriche da poco tempo”.

La giornalista e autrice televisiva, titolare della cattedra in Scienze della Moda e del Costume presso l’Università La Sapienza di Roma, sferra un duro attacco nei confronti degli studenti universitari italiani. Il suo è un ragionamento che parte da lontano: “Gli italiani arrivano all’università bofonchiando di meritocrazia senza averla mai sperimentata sulla propria pelle: sono arrivati lì a prescindere, cullati da una cultura egualitaria al ribasso, e quel che è peggio senza nemmeno rendersene conto – aggiunge. Hanno 22, 23 anni, talvolta anche 25. Quasi tutti non hanno mai svolto un lavoretto, si fanno mantenere dai genitori del ricorso al Tar anche per le uscite in pizzeria perché, dicono, il loro compito è studiare.
Infatti sanno nulla di storia, di geografia, di letteratura: raramente sono andati oltre le dispense dei Promessi Sposi.
Talvolta si sono spinti fino a Eboli come Cristo, ma non proprio fino all’ultima pagina, e comunque non saprebbero collocarla su una cartina”.

Italians do it better? – Twitter e iPad sono alla portata anche degli studenti Erasmus che, sempre più numerosi e per fortuna, affollano le aule dei nostri Atenei. Ma con loro non bisogna usare metodi coercitivi perché si rassegnino a fare ricerca nella biblioteca distante tre rampe di scale: ci vanno volentieri, anzi con entusiasmo. Studiare li diverte, è evidente, e sanno già dove vogliono arrivare. Magari tentennano un po’ sul come, ma hanno un obiettivo chiaro in testa, e seguirli, spronarli, aiutarli è una gioia. Sanno lavorare in team, ma anche sgomitare quando è necessario. Arrivano da Paesi dove il diritto allo studio universitario è garantito solo a chi sappia conquistarlo a suon di risultati e di selezioni, fin dalla prima infanzia”.

Il confronto – “I “nostri” – salvo numerose eccezioni per fortuna – invece non solo non si divertono affatto, non solo reputano l’impegno “da sfigati”, ma è evidente che, almeno per quanto riguarda le discipline umanistiche, forse perché erroneamente considerate le più facili, si trovano in università per volontà diverse dalla loro. Basta approfondire un po’ per scoprire quali: quelle dei genitori”.

fabianaIncolpiamo i genitori? – “Disposti a qualunque cosa pur di vederli laureati, ma non a fare quel che andrebbe fatto fin dai primi anni di scuola per farne bravi laureati, cioè laureati utili a se stessi e al Paese, dunque insegnando loro l’amore per lo studio, punendoli quando necessario e non giustificandoli sempre e comunque, rassegnandosi talvolta all’evidenza che anche il famoso “impegno”, sempre sia effettivo, non può essere considerato un risultato. Intestardirsi a lasciare in università per un decennio un figlio che avrebbe voluto fare altro, costringerlo a ripetere un esame fino allo sfinimento di tutte le parti in causa è una crudeltà”.

Disastro? Altroché – Il sacrosanto diritto allo studio non può essere diritto alla laurea, a prescindere dai meriti e dalle possibilità. Per questo motivo, non è affatto straordinario che, secondo i risultati dell’ultima indagine Anvur, in Italia si laurei solo il 45,3% degli immatricolati. Al contrario, è già un’ottima percentuale.

 

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