La musica del ‘900 oggi, ne parliamo con il Maestro Luca Sanzò

Matteo: Buongiorno Maestro Sanzò e grazie per avermi concesso l’intervista.

Luca: Buongiorno Matteo, grazie a te dell’opportunità.

Matteo: Maestro, lei è docente di Viola al conservatorio Santa Cecilia, collabora stabilmente con importanti gruppi specializzati nella musica del novecento come il Parco della Musica Contemporanea Ensemble ed il gruppo FREON, ha inciso nell’ottobre 2016 le sonate di Brahms per Viola e Pianoforte e nel giugno 2014 le sonate di Hindemith per Viola e Pianoforte, oltre ad altre incisioni con il Quartetto Michelangelo, del quale lei è membro fondatore. Prima di affrontare l’argomento principale vorrei chiederle: secondo lei che ruolo ricopre, nella nostra società, il musicista?

Luca: Comincerei allargando il discorso al ruolo, più generale, della cultura nelle società. La cultura è insieme conoscenza e crescita, piacere e nutrimento, quindi è, senza ombra di dubbio, la ragione per cui vive una comunità di persone, la ragione per la quale l’umanità sale quel gradino che la separa dalla mera sopravvivenza, lo scopo per cui vale la pena di vivere. Se esiste ancora l’umanità, pur dopo le mille e mille angherie e le forti contraddizioni che da sola si è prodotta, lo deve alla scienza, che ha creato i presupposti per una sempre migliore condizione di vita, ma lo deve anche alla cultura, che ci ha dato una ragione forte per vivere. Nel campo generale della cultura, la musica occupa un posto di primo ordine, in quanto non ha, come la letteratura o il teatro, bisogno di traduzioni, è quindi accessibile a chiunque, quanto meno come insieme di stimoli sonori. Il musicista non deve spiegare nulla, non deve raccontare nulla con la lingua usuale, ma rende partecipi gli ascoltatori delle sensazioni strutturate che il compositore ha affidato all’interpretazione dello strumentista, cangianti di volta in volta. La cosa magica dell’arte musicale è che è un vero rapporto a tre, compositore, interprete, fruitore. A volte il ruolo stesso dell’interprete si sdoppia, come nel caso della danza, creando un interprete in più. Questo genera delle alchimie molto particolari, con il risultato che è anche il fruitore, l’ascoltatore, che ci mette del suo, infatti se domandassimo ad un pubblico che esce da un concerto, o un’opera o un balletto, che storia ha vissuto, che sensazioni ha avuto, avremmo decine, centinaia di storie alcune simili altre diversissime, ma tutte da raccontare. Il ruolo del musicista oggi è simile a quello di uno scienziato, farsi carico della crescita dell’umanità.

Matteo: Arriviamo alla prima vera domanda: perché, secondo lei, la musica del ‘900 risulta così difficile e alle volte sgradita al grande pubblico? Abbiamo avuto dei compositori di grandissimo successo, come Hindemith, Cage o Berio, eppure la loro musica risulta ostica ai più, perché?

Luca: Perché è musica complessa. Non dobbiamo sorprenderci di questo fatto, l’uomo ha l’istinto alla complessità, ma ne è insieme attratto e spaventato, da un lato la complessità sottintende conoscenza, non è pensabile infatti avvicinarsi agli autori che hai citato senza prima avere un retroterra culturale adeguato, ma d’altra parte quando se ne hanno i mezzi, riconoscere nella complessità di questa musica tutta l’arte che racchiude è un tutt’uno, e non se ne può fare più a meno. Se ci pensi in tutte le cose della vita è così, fermarci ad una conoscenza superficiale delle cose è molto semplice, e per la stragrande maggioranza delle nostre piccole e grandi stanze della vita ci adagiamo a questo, ma ciascuno di noi sente il bisogno di qualcosa di più complesso, di più impegnativo, di più importante, che sia la lettura, la musica, o anche un gioco (gli scacchi, ad esempio, molto complessi), o magari la cucina. Non è un problema di contemporaneità, ma di complessità, appunto, la quale è esistita ed esisterà sempre, e che non può prescindere da un impegno particolare, anch’esso complesso, del fruitore. Se ricominciassimo a riconoscere il primato della musica ascoltata concentrati e non distratti, un ascolto da concerto e non da mp3 per intenderci, o, allargando il discorso, un quadro, una scultura ammirate dal vivo e non in fotografia, questa complessità più facilmente si mostrerebbe bellissima.

Matteo: Cosa l’ha spinta ad avvicinarsi al repertorio contemporaneo?

Luca: Ho avuto lo stimolo giusto al momento giusto della mia vita, ho conosciuto un’amica compositrice che mi ha dedicato un pezzo, ricordo che mi propose di lavorarlo insieme, avevo 20 anni e per me la musica arrivava al romanticismo o, tutt’al più, ai primi del novecento. Mi ricordo la sensazione di un bivio, capii che era uno di quei momenti in cui la vita ti dice “ora o mai più”. La mia inguaribile curiosità mi spinse a provare. Ho colto quel significato, ho capito che mi intrigava e mi eccitava. Sono stato bravo e fortunato, perché colsi la genialità di questa mia amica, Lucia Ronchetti, poi diventata una musicista molto famosa.

Matteo: Pensa ci sia un futuro per questo genere?

Luca: Se non avesse futuro la contemporaneità saremmo morti da un pezzo.

Matteo: Una volta, parlando, mi disse che secondo lei la musica del futuro è la musica elettronica, mi potrebbe argomentare questa affermazione?

Luca: Si, penso esattamente questo, perché a mio avviso è arrivato il momento in cui il significante non sta più al passo col significato. E’ stato probabilmente raggiunto, o ne siamo molto vicini, il massimo delle possibilità per gli strumenti tradizionali, e quindi la creazione di nuovi strumenti è necessaria. In questa condizione siamo già stati molte volte nella storia della musica, dobbiamo a questa ragione l’evoluzione degli strumenti. Nel novecento, dopo la messa da parte della tonalità, si è molto sviluppata la ricerca timbrica, ora questa ricerca, attraverso l’elettronica, si può aprire ad infinite possibilità che gli strumenti tradizionali non sono più in grado di fornire.

Ringrazio il Maestro della sua disponibilità e cortesia. Vi invito, come sempre, all’ascolto di alcuni brani anche se potrebbe risultare difficile la comprensione come diceva prima il Maestro. Consiglio le Sequenze di Luciano Berio, i Concerti per Pianoforte Preparato di John Cage e le Sonate per Viola di Paul Hindemith. Tratterò separatamente di loro in seguito.

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