La fase tre dell'Università: tra forma mista e lezioni in presenza solo nel 2021

Si prospetta un autunno difficile per le università italiane. Tra le prime istituzioni a reagire all’emergenza coronavirus, sembrerebbero essere quelle con più incertezze nella ripresa. E questo benché nei giorni scorsi il ministro Gaetano Manfredi abbia garantito “una riapertura prevalentemente in presenza per tutte le attività dell’università”; ed è sull’avverbio che si tiene in bilico quella che appare, nei fatti, più una speranza che una certezza. Dall’inizio del lockdown le università hanno garantito la continuità della didattica, ma con molte limitazioni sul piano della qualità dei percorsi: basti pensare ai ritardi dei tironicini – quando non sono stati proprio bloccati -, fino ad arrivare alle difficoltà degli studenti nel reperite testi nelle biblioteche rallentate da contigentamenti, sanificazioni e quarantene dei libri di testo (proprio così). E all’orizzonte non sembrano prospettarsi cambiamenti riguardo le norme di sicurezza, fondamentali certo, ma che viste dall’esterno, discoteche aperte, spiagge, villaggi vacanza, appaiono abbastanza vacue in questa fase dell’emergenza.

La Sapienza di Roma, il più grande ateneo d’Europa con i suoi oltre 113 mila studenti, ha optato per la forma mista. “A settembre le lezioni riprenderanno in forma blended, in aula per piccoli gruppi distanziati e chi non è in aula potrà collegarsi via streaming da casa o da aule allestite all’interno delle sedi universitarie”, spiega a Corriereuniv il rettore Eugenio Gaudio. “La modalità telematica continuerà comunque a essere garantita per gli studenti internazionali e per i fuori sede – sottolinea -. Proseguiremo a garantire la modalità mista sia per le lezioni, che per gli esami e le sedute di laurea, nel rispetto delle misure di sicurezza previste (distanziamento, obbligo di mascherine, soluzioni idroalcoliche all’ingresso) con un numero di studenti compatibile con le dimensioni dell’aula”. L’università romana ha riaperto oltre trenta biblioteche con quattromila studenti che hanno usufruito dei servizi. “L’accesso avviene su appuntamento per il prestito e per brevi consultazioni sempre nel rispetto delle normative di sicurezza”, specifica il rettore. E sugli spazi per i test di ingresso come Medicina ricorda: “Le sedi abilitate per lo svolgimento della prova potranno essere non solo quelle delle facoltà di Medicina, ma anche sedi universitarie di regioni che non hanno la facoltà di Medicina, in modo da non costringere gli studenti a spostarsi”.

C’è chi invece lascia la scelta agli studenti, garantendo entrambe le forme: “La capienza delle aule sarà ridotta del 50%, per questo gli studenti quando dovranno formalizzare il piano di studi indicheranno se vogliono seguire i corsi in presenza o a distanza”, afferma il rettore dell’Università di Bologna Francesco Ubertini. ” “Da settembre le nostre attività torneranno in presenza, ci stiamo attrezzando per allargare gli orari fino alle 20 e inserire anche il sabato, si torna in aula e nei laboratori rispettando le regole di sicurezza e senza lasciare indietro nessuno”, specifica il Magnifico. Ma l’UniBo non vuole rischiare: ““Abbiamo investito 3 milioni di euro sulla didattica online perché non possiamo prevedere cosa accadrà in autunno; penso anche alla situazione economica di studenti in corso che non potranno permettersi un alloggio: anche per questo faremo in modo che le lezioni si possano seguire anche da casa”. Senza dimenticare gli studenti che sceglieranno di tornare in città: “In accordo con il Comune, abbiamo stabilito un canone concordato per gli affitti, investito 640 mila euro per quegli studenti che non possono accedere ai fondi dell’attuale tetto Isee e ideato una formula di affitti brevi a prezzi calmierati per chi sceglierà di rimanere in città solo alcune settimane”.

Sit-in all’Uni Pisa contro tasse e incognita riapertura

Mentre a Pisa la situazione è diventata a dir poco incandescente dopo la decisione del rettore Mancarella di tenere chiuso l’Ateneo fino al 31 dicembre, arrivando allo scontro aperto con il sindaco Conti e le associazioni dei commercianti che temono la perdita del corposo flusso economico che gli studenti portano in città. “Siamo indignati dalla chiave di lettura della chiusura dell’Università – dice Gabriele Montani, coordinatore dell’Udu Pisa – che ci lascia perplessi vedendo la situazione generale che si sta configurando sul territorio nazionale. Il problema qui sembra essere esclusivamente la contrazione degli introiti economici che la città e le attività commerciali subiranno in nostra assenza nei mesi a venire”. Saranno molti, infatti, gli studenti che decideranno di non prendere un alloggio vista la situazione. “Noi diamo un apporto non indifferente al tessuto commerciale – continua Montani – ma ci si ricorda esclusivamente degli studenti solo quando mancano gli introiti economici. Non una parola sull’apporto culturale che la vita studentesca offre a una città creando nuovi progetti, pensando nuove idee“. Gli studenti, però, dopo proteste e sit-in, sono riusciti a strappare piccoli spiragli di apertura degli spazi verdi dell’ateneo toscano. “Non verranno riaperte neanche le biblioteche per quanto riguarda lo studio, rimanendo in funzione solo i servizi per necessità di tesi e ricerca. Siamo al paradosso se si pensa che anche i libri devono fare 10 giorni di quarantena quando nei bar i giornali sono a disposizione di tutti”. Uno dei provvedimenti previsti dall’Ateneo a favore degli studenti è stata la costituzione di un fondo di oltre 700mila euro, creato anche grazie alle risorse destinate alle attività delle associazioni studentesche, per dare un contributo aggiuntivo agli studenti con un Isee tra i 23mila euro e circa 32mila euro.

Marco Vesperini

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