Il Miur proroga i rettori e nasce il movimento contro l’attaccamento alla poltrona

Binetti: «4 anni che non si fanno concorsi»
Gelmini: «non si può non rispettare una norma che è stata votata a larga maggioranza»

Le onorevoli sono sulla stessa lunghezza d’onda: favorevoli al ricambio generazionale e contrarie alla proroga dei rettori. Paola Binetti e Mariastella Gelmini oggi, durante la conferenza stampa alla Camera dei Deputati organizzata da un gruppo di docenti contrari alla proroga dei rettori, si sono passate il testimone correndo, per una volta, per la stessa squadra. La squadra è quella del “no” chiaro e secco alla proroga dei rettori e del “sì” alla abilitazione nazionale. A sostenerle (anche qui sarebbe il caso di dire “per una volta”) un team di professori, ricercatori e studenti che crede che il Ministero dell’Istruzione stia sopprimendo «alcune elementari regole di democrazia», dopo i casi in cui Profumo si è opposto alla convocazione di nuove elezioni.

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La Binetti non fa giochi di parole e parla della «sindrome di attaccamento alla poltrona» e chiede l’applicazione della legge Gelmini, una riforma che ricorda di aver «fortemente contrastato». Ma quando si parla di mandato dei rettori e di poltrone ormai consumate dal peso di un’unica persona, che per anni ha rivestito sempre lo stesso ruolo, anche la Binetti sembra strizzare l’occhio a quella parte della legge 240 che prevede un unico mandato di 6 anni per i rettori.

L’università che continua a prorogare mandati e a riconfermare persone in carica rischia di «cristallizzarsi in piccole lobby», precisa l’onorevole. «La ricchezza delle dinamiche che si creano anche attraverso il cambiamento deve essere una garanzia di quell’amore della ricerca che inizia dalla ricerca dei modelli di governance e di ordinamento delle diverse strutture». La Binetti sorride, invece, quando ritorna sul cuore della legge Gelmini. «Non vorrei mai che tra riforma Gelmini e controriforma uscisse fuori un tale impasse delle cose per cui il peggio della nostra università restasse cristallizzato e affidato all’ambiguità dei meccanismi. Ricordo che sono 4 anni che non si fanno concorsi».

La Gelmini, invece, non fa difficoltà a ricordare come la riforma che porta il suo nome sia nata tra molte critiche, parlando subito dopo di auspici. Il suo è «che ci sia la disponibilità a migliorare questa riforma, ma dicendo “no” con fermezza ai passi indietro. «Non possiamo – precisa- non vedere come alcuni casi di nepotismo, raccomandazioni, concorsi non chiari, hanno indebolito l’immagine della nostra università. E spesso a torto». E poi quasi a voler ricordare al ministro Profumo la norma che sancisce il mandato secco per i rettore di sei anni precisa «è una norma che è stata modificata in itinere, perché nella forma iniziale avevamo previsto due mandati. Poi il Parlamento ha inasprito la proposta scegliendo l’opzione del mandato unico di sei anni. Questa norma, che è stata votata in maniera ampia, deve oggi essere rispettata».

La Gelmini è poi ritornata sul tema delle abilitazioni nazionali. Un punto che insieme al mandato dei rettori dovrebbe essere rispettato se «si vuole andare verso un ricambio che garantisca una certa “mobilità” all’interno degli atenei». «Il decreto ultimo sull’abilitazione rispetta il doppio filtro che era stato pensato non per rendere la procedura più complicata ma perché a livello locale la partecipazione ai concorsi era veramente scarsa: si assisteva a scambi di favore da una commissione all’altra. Per questo abbiamo pensato di creare una abilitazione nazionale non soggetta ai localismi e a un concorso locale con il sorteggio di una buona parte dei componenti».

Anna Di Russo
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