Il ministro Gelmini boccia l'Anvur

gelmini.jpgL’Agenzia nazionale per la valutazione dell’Università e della ricerca? “Una costosissima struttura ad alto tasso di burocrazia e rigidità: non è ciò di cui abbiamo bisogno”. Parola del ministro dell’Istruzione dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini che – nel corso di un’audizione alla Commissione Istruzione della Camera – boccia senza appello la creatura immaginata dal suo predecessore Fabio Mussi. “Occorre rivedere – ha spiegato – la disciplina dell’Anvur per assicurare al mondo dell’università e della ricerca un sistema integrato di valutazione che vincoli il finanziamento ai risultati, incentivando l’efficacia e l’efficienza dei programmi di innovazione e di ricerca, la qualità della didattica, lo svolgimento dei corsi in lingua inglese, la capacità di intercettare finanziamenti privati ed europei, il tasso di occupazione dei laureati coerente con il titolo di studio conseguito”. In attesa che l’Agenzia veda – finalmente – la luce, saranno prorogati gli organismi vigenti che si occupano della valutazione (Cnsvu e Civr).
Maggiore trasparenza. “Le singole università dovranno fornire sui loro siti web i dati sugli sbocchi professionali dei loro studenti, sulla produzione scientifica dei loro docenti e ricercatori e sulla customer satisfaction degli studenti”. Il ministro punta a sfoltire il numero dei corsi di laurea (che in Italia sono 3.200, contro gli 800 della Germania) e a monitorare anche il proliferare di dottorati e master, “una sorta di parcheggio da cui pescare manodopera accademica a basso costo”.
Rilanciare la ricerca con le Pmi. Il tessuto imprenditoriale italiano è fatto principalmente da piccole e medie imprese che – se incentivate – potrebbero aumentare considerevolmente la fetta degli investimenti per la ricerca scientifica: “Gli scarsi investimenti privati sono legati al fatto che le Pmi non hanno la possibilità e la predisposizione ad investire”. Secondo il ministro la chiave per dare risorse alla ricerca risiede in un mix di strumenti finanziari, in primis crediti d’imposta a defiscalizzazioni.
Docenti a chiamata. Un duplice obiettivo da perseguire: snellire le procedure di reclutamento e assicurare la meritocrazia. Le competenze di professori e ricercatori andranno “certificate” e verrà realizzata una lista di idoneità riconosciuta da parte della comunità scientifica. Gli atenei potranno poi “scegliere autonomamente – all’interno di una lista di idonei – lo studioso più capace nella produzione scientifica, più adatto a richiamare finanziamenti dalle imprese e iscrizioni da parte degli studenti”. Il sistema di reclutamento-docenti pensato dalla Gelmini riprende l’impostazione presente nella Riforma Moratti, che consente alle università di chiamare anche docenti che non provengano strettamente dal mondo accademico.
Più tutele per i fuorisede. Il ministro va contro il malcostume del caro-affitti, problema in cui incappano principalmente i fuorisede: “Occorre disincentivare lo scandaloso e crescente sfruttamento degli studenti spesso costretti ad affitti elevatissimi, fuori mercato. Penso ai campus modellati sulle recenti esperienze di Milano, Catania, Bologna, Torino e Pavia. Iniziative sorte grazie alla partnership con le regioni”.
Dottorati più sostanziosi. La conferma dell’aumento è arrivata direttamente dal ministro: “Ho dato il via libera all’aumento di 240 euro mensili in più per le borse di studio al fine di valorizzare il dottorato di ricerca, offrendo ai dottorandi più strumenti per compiere le loro ricerche che devono portare, però, a una produzione scientifica originale come accade – ha concluso il ministro – nel resto del mondo».
Le reazioni degli studenti. La componente studentesca di centrodestra, Azione Universitaria, condivide appieno la visione espressa dal ministro Gelmini: “Oltre all’impianto generale abbiamo apprezzato in particolare la volontà di istituire una graduatoria nazionale di idoneità dalla quale gli Atenei dovranno scegliere i propri docenti e il voler favorire una maggior partecipazione di fondi privati nell’Università pubblica. Condividiamo pienamente inoltre la visione dell’Università non come esamificio bensì quale comunità permanente ed in questa ottica è fondamentale una seria riforma dell’edilizia residenziale per studenti fuori sede, presupposto fondamentale affinché sia garantito un reale diritto allo studio”. Di tutt’altro avviso l’Unione degli Universitari (sinistra), che si dichiara “profondamente delusa” dalle linee-guida illustrate in Commissione: “Non una parola è stata pronunciata sul tema dell’accesso all’università, nonostante da più parti sia provenuta una richiesta esplicita di chiarimenti rispetto al destino del Decreto Mussi-Fioroni”. E ancora: “L’Udu non condivide nemmeno la visione per cui l’Anvur sarebbe un’inutile sovrastruttura da eliminare. Abbiamo sempre sostenuto che il sistema universitario non possa autovalutarsi e ribadiamo piuttosto le nostre richieste di coinvolgimento degli studenti all’interno del percorso di valutazione a tutti i livelli e di introduzione di parametri che possano rendere la valutazione degli Atenei più completa e più attenta alla qualità complessiva della condizione studentesca”.
Manuel Massimo 

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  1. Non è chiaro il perchè non si vuole dare all’anvur il merito che gli spetta. In questi anni è servito a non far proliferare oltre misura le università pubbliche e private.

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