I personaggi che hanno plasmato la scienza nel 2023

Tra loro c’è anche l’IA con ChatGPT. Nature stila la lista dei nomi più influenti dell’anno

Si avvicina la fine dell’anno, e come al solito è tempo di bilanci e classifiche, anche per la scienza. Uno degli appuntamenti fissi è con la lista dei dieci personaggi più influenti degli ultimi dodici mesi, stilata come di consueto dai redattori di Nature (l’altro è con le scoperte più importanti dell’anno, messe insieme da Science, e lo trovate qui). Ma quest’anno c’è una novità: per la prima volta, infatti, nella lista compare un undicesimo personaggio, che umano non è: ChatGPT è stato su tutte le prime pagine quest’anno – ha commentato Richard Montastersky, caporedattore della rivista – e ha esercitato una grande influenza sulla scienza e sulla società. Sebbene non sia una persona e quindi non si possa inserire nella nostra top ten, abbiamo deciso comunque di espandere la lista per dare credito al fatto che le intelligenze artificiali generative stiano cambiando lo sviluppo e il progresso della scienza”. Ecco, dunque, chi sono i 10+1 nominati speciali del 2023.

La potrettrice della foresta

Marina Silva è, dal primo gennaio scorso, la ministra brasiliana per l’ambiente. In un anno particolarmente inclemente, caratterizzato da temperature record, ondate di calore anomale, incendi e siccità, si è fatta portatrice di una notizia di speranza: il 3 agosto di quest’anno ha annunciato che tra gennaio e luglio il tasso di deforestazione in Amazzonia è diminuito del 43% rispetto allo stesso periodo del 2022. Tutto grazie al PPCDAm, acronimo di Piano d’azione per la prevenzione e il controllo della deforestazione in Amazzonia, un programma condotto (e fortemente voluto) da Silva che ha l’obiettivo di preservare il più possibile la foresta brasiliana. Al momento sembra ci stia riuscendo.

L’India sulla Luna

Kalpana Kalahasti è tra i direttori scientifici di Chandrayaan-3, la missione spaziale con cui l’India, lo scorso agosto, è riuscita a portare un suo veicolo sulla superficie della Luna, unendosi così a Stati Uniti, Russia e Cina nella ristrettissima lista dei Paesi che hanno centrato quest’impresa. Di più: l’India è la prima e unica nazione, al momento, ad aver effettuato un allunaggio nella regione del Polo Sud lunare. “Abbiamo centrato l’obiettivo senza alcun errore – aveva commentato a caldo Kalahasti – e questo, per molti di noi, rimarrà il momento più felice della vita”. Un momento particolarmente atteso e delicato, anche visto l’insuccesso del tentativo precedente – Chandrayaan-2 – che si era invece schiantato sulla superficie lunare nel 2019. In ogni caso, Kalahasti non ha intenzione di adagiarsi sugli allori: “Ora che abbiamo dimostrato di essere in grado di effettuare un allunaggio – ha detto – vogliamo andare oltre”. Obiettivo nel medio termine: una nuova missione per recuperare campioni di suolo lunare. Obiettivo nel lungo termine: (ri)portare un equipaggio umano sul satellite.

Riproduzione in laboratorio

Hanno due padri i topi nati nel laboratorio di Katsuhiko Hayashi, professore del Dipartimento di Medicina e Biologia delle Cellule Staminali della Kyushu University in Giappone. Degli oltre 600 embrioni di partenza solo l’1% circa sarebbe sopravvissuto, dando origine a topi adulti sani e in grado di riprodursiLo ha annunciato Hayashi stesso durante il Third International Summit on Human Genome Editing, una conferenza internazionale tenutasi dal 6 all’8 marzo a Londra, presso il Francis Crick Institute. Un risultato importante, che potrebbe avere delle implicazioni per il trattamento di condizioni di infertilità, anche se la strada è ancora lunga prima che si possa pensare di applicare agli essere umani la tecnica messa a punto dal ricercatore. Un successo che è valso allo scienziato l’inserimento nella prestigiosa classifica di Nature.

Fusione nucleare

Fusione nucleare, ovvero il processo chimico che avviene nelle stelle, ovvero il sogno di produrre energia pulita e (praticamente) senza scorie né residui. Ci stanno provando un po’ ovunque nel mondo, con risultati abbastanza incoraggianti. Una delle strade più promettenti è quella degli scienziati della National Ignition Facility statunitense, il cui reattore, quest’anno, è finalmente riuscito a creare una reazione di fusione nucleare in cui l’energia prodotta era maggiore di quella necessaria a innescare la fusione stessa. Tra gli artefici di questo successo Nature annovera (e premia) Annie Kricher, una delle responsabili dell’esperimento, coordinatrice di un gruppo di scienziati responsabile dell’analisi dei dati e del perfezionamento del setup del reattore. A quanto pare, lo stanno facendo bene. Ma la strada è ancora lunga.

Lotta al cambiamento climatico

Elena Myrivili, antropologa ed ex vice-sindaca di Atene, è attualmente la prima chief heat officer dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, un ruolo cruciale per mitigare, almeno dal punto di vista politico e decisionale, gli impatti catastrofici del cambiamento climatico. Il suo lavoro consiste nel promuovere tutte le azioni che possano aumentare la consapevolezza su quanto sia pericoloso, a livello globale, il cambiamento climatico, e nel racimolare i fondi per tutti i progetti delle Nazioni Unite dedicati a rendere le città più sostenibili. Naturalmente, la scienziata era presente anche alla Cop28, la conferenza per il clima appena svoltasi a Dubai, per promuovere lo sviluppo di tecnologie refrigeranti a emissioni zero di gas serra.

L’ideatore di ChatGPT

Nature lo definisce “il visionario dell’Ai”. Non a torto: attualmente Sutskever ricopre il ruolo di scienziato capo di OpenAi a San Francisco, ed è uno dei protagonisti dello sviluppo di ChatGPT. Ora si dice (anche) preoccupato per il futuro dell’intelligenza artificiale: da luglio scorso si dedica a co-condurre il cosiddetto progetto di “superallineamento”, con il quale l’azienda californiana intende, da qui a quattro anni, allocare un quinto della potenza computazionale delle sue macchine per studiare come “orientare e controllare i sistemi di intelligenza artificiale più intelligenti dell’essere umano”. Una questione, com’è facile immaginare, molto delicata, e che potrebbe aver avuto un ruolo nella strana vicenda del licenziamento e ri-assunzione di Sam Altman, amministratore delegato di OpenAi.

Il debunker della superconduttività

Quella della superconduttività a temperatura ambiente è una saga infinita. I fisici ci stanno lavorando con dedizione da diversi anni, perché ottenerla vorrebbe dire spalancare la porta a un’infinità di applicazioni tecnologiche, diminuire i costi e aumentare l’efficienza della produzione e del trasporto di energia elettrica. L’obiettivo è ambizioso perché molto complicato da raggiungere: la superconduttività, infatti, è una proprietà che alcuni materiali tendono a esibire allo zero assoluto, e che perdono velocemente man mano che la temperatura aumenta. Tutt’altro discorso è portare un materiale in regime di superconduttività a temperatura ambiente: è proprio su questo che si stanno concentrando gli sforzi degli scienziati, con risultati spesso controversi. Uno dei più eclatanti è quello sbandierato da Ranga Dias, fisico alla University of Rochester, a New York, che proprio sulle pagine di Nature, lo scorso marzo, aveva dichiarato di essere riuscito a portare in regime di superconduttività a temperatura ambiente (ma a pressione elevatissima) un particolare tipo di materiale. James Hamlin, fisico alla University of Florida, ha immediatamente segnalato a Nature tutte le criticità del lavoro di Dias (tra l’altro non era la prima volta che accadeva: era già successo nel 2020), e le sue obiezioni hanno portato al ritiro dell’articolo a novembre scorso, il terzo nel giro di poco più di un anno.

Farmaci anti-obesità

Negli ultimi mesi vi abbiamo raccontato più volte di Ozempic e simili, farmaci a base di semaglutide che recentemente – e sorprendentemente – si sono rivelati efficaci nel trattamento dell’obesità: un trial clinico del 2021, per esempio, ha mostrato che le persone che assumono settimanalmente il medicinale perdono il media il 15% del loro peso corporeo, un risultato decisamente buono per un farmaco dimagrante. Questi nuovi medicinali rientrano in un gruppo di famaci chiamati agonisti del recettore GLP1 (GLP-1 RA) e Nature ha deciso di inserire nella sua classifica Svetlana Mojsov, biochimica della Rockefeller University di New York, che ha avuto un ruolo cruciale (purtroppo passato abbastanza sotto traccia, almeno fino a qualche tempo fa) nell’identificazione e nella caratterizzazione dei GLP-1. Dopo un periodo di difficoltà e di battaglie legali legate al brevetto, sono cominciati ad arrivare premi e riconoscimenti, che però “non sono la priorità” per la scienziata. “Sono solo felice che il mio lavoro sia stato riconosciuto – ha detto – tutto il resto è secondario”.

Lotta alla malaria in Africa

Halidou Tinto è un ricercatore responsabile di una clinica situata in un’area rurale del Burkina Faso. Nell’ottobre scorso sua figlia, una bambina di sei anni, ha contratto la malaria. Fortunatamente, la bimba è guarita dopo diversi giorni di ricovero, ma “la malattia è stata molto seria”, ha commentato lo stesso Tinto. Non è per questo che è stato inserito nella classifica di Nature, ma per il suo lavoro decennale allo sviluppo di farmaci e vaccini antimalarici. In particolare, Tinto e la sua équipe hanno messo a punto e testato R21, un vaccino recentemente raccomandato dalla World Health Organization – il secondo a essere approvato per la malattia: gli esperti si dicono convinti che potrebbe prevenire milioni di morti in Africa, culla della maggior parte delle infezioni, dove ogni anno si registrano più di 200 milioni di casi di malaria e circa 500mila decessi, specialmente tra i bambini al di sotto dei cinque anni. “Non esiste soddisfazione più grande di quella di salvare vite umane – ha commentato Tinto – perché la vita, per me, è il bene più prezioso”.

Oncologia di frontiera

Thomas Powles è un ricercatore in oncologia al St Bartholomew’s Hospital di Londra e si occupa di cancro alla vescica. A ottobre scorso, durante il congresso annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo), ha presentato i risultati di un trial clinico che mostravano come la combinazione di due nuovi farmaci aumentava il tempo medio di sopravvivenza dei pazienti da circa 16 mesi a due anni e mezzo. Un risultato accolto con entusiasmo dagli esperti, che l’hanno definito “la più grande scoperta degli ultimi quarant’anni nel trattamento del cancro alla vescica in stadio avanzato”. Uno dei nuovi farmaci si chiama enfortumab vedotin e colpisce selettivamente una proteina, la nectina-4, che prolifera nelle cellule del tumore alla vescica, e fa parte dei cosiddetti anticorpi coniugati (Adc, antibody-drug conjugates); è stato somministrato in combinazione a un farmaco immunoterapico, il pembrolizumab, che potenzia le difese immunitarie contro le cellule tumorali. La terapia sperimentale è già stata approvata dalla Fda (Food and Drug Administration, l’ente regolatorio statunitense) per la somministrazione alle persone su cui la chemioterapia tradizionale ha fallito (e che costituiscono quasi la metà di tutte quelle con cancro della vescica allo stadio avanzato) e probabilmente il prossimo anno ne sarà approvato un uso ancora più ampio.

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