Futuris: cosa fanno i ricercatori europei per combattere COVID-19

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Laser ultravioletti, spettrometria di massa, strutture proteiche, DNA, piattaforme vaccinali: i ricercatori europei non lasciano nulla di intentato nella lotta contro COVID-19. Uno sforzo totale nella ricerca di base che coinvolge i virologi, naturalmente, ma anche fisici, chimici, genetisti o informatici e che, secondo molti di loro, potrebbe presto iniziare a dare i suoi primi frutti.

Qui ad Amburgo i ricercatori vogliono svelare la struttura sfuggente delle proteine che permettono ai coronavirus, tra cui la SARS-CoV-2, di replicarsi rapidamente all’interno delle cellule umane. Più gli scienziati conoscono la natura profonda di queste proteine, più forte sarà la loro base per sviluppare trattamenti o vaccini. Il primo passo è quello di produrre queste proteine in diversi tipi di cellule. Le sfide sono enormi, dicono i ricercatori.

Dalla struttura delle proteine le risposte sui virus

Boris Krichel, virologo dell’Istituto Leibniz per la virologia sperimentale, ci dice quali siano le incognite di questo tipo di ricerca: “Le proteine devono essere prodotte in diversi tipi di cellule ma per alcune il procedimento è difficile. Queste proteine sono poi troppo grandi o sono modificate. Per questo motivo è necessario prendere alcuni tipi di cellule per ottenerle, in modo da poterle studiare”.

Nonostante il percorso non sia agevole, gli scienziati dicono che il loro lavoro è fondamentale.
“Il compito delle proteine – prosegue Krichel – è la moltiplicazione del genoma virale. Se sappiamo come funzionano le singole parti e come sono composte, allora possiamo usare questa conoscenza per sviluppare farmaci che specificamente fermino queste singole proteine”.

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Passo dopo passo sino allo sviluppo dei farmaci

Una volta prodotte, le proteine vengono analizzate con l’aiuto di uno strumento efficace: la spettrometria di massa. Gli spettri risultanti vengono utilizzati per svelare l’identità chimica o la struttura di una data proteina.
Come ci spiega Kira Schamoni, biologa molecolare dell’Istituto Leibniz, “è possibile usare lo spettrometro di massa prima di tutto per misurare la proteina e una sostanza che eventualmente si leghi alla proteina stessa. Quindi, prima di tutto, si misura la proteina da sola, poi la proteina con la sostanza. Usando lo spettrometro di massa si può vedere se queste due si combinano ed è anche possibile analizzare quanto sia forte questo legame: questo è importante per la progettazione o per lo sviluppo di farmaci, per esempio”.

Queste proteine sono studiate di routine con strumenti come la cristallografia o la microscopia elettronica. I ricercatori vedono grandi vantaggi anche nella spettrometria di massa.
Charlotte Uetrecht, virologa strutturale e leader del team di ricerca presso l’Istituto Leibniz, elenca i vantaggi della spettrometria di massa: “Con questa tecnica possiamo mappare i diversi stati in cui una proteina esiste contemporaneamente. Possiamo vedere se è stata modificata e se può assumere altri stati a causa di questa modifica. E nell’ambito del progetto di ricerca, stiamo ora cercando di sviluppare la spettrometria di massa che non solo integra la microscopia elettronica o altre tecniche strutturali, ma può anche raggiungere un livello di dettaglio simile, in termini di risoluzione”.

Con lo spettrometro di massa è possibile poi misurare lo stato nativo di una proteina.

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La sfida (non semplice) dell’indagine sui coronavirus

Gli scienziati di questo progetto del Consiglio europeo della ricerca hanno iniziato il loro lavoro sulla spettrometria di massa e sulle strutture proteiche dei coronavirus già nel 2018.
La loro ricerca si è ora rivelata estremamente utile per capire meglio come si replica il virus SARS-CoV-2 e per sviluppare ulteriori strumenti per combattere l’attuale pandemia.
Spiegano i ricercatori che i coronavirus sono generalmente una sfida a causa delle dimensioni del loro materiale genetico. Il progetto è iniziato con l’indagine sui coronavirus della SARS (e i virus correlati) e ora è stato esteso alla SARS-CoV-2. I due virus SARS-CoV e SARS-CoV-2 sono molto simili, quindi le sfide sono le stesse.

Fatti e cifre del Consiglio europeo della ricerca

Il progetto è solo un esempio delle decine di iniziative sostenute dall’Unione europea per combattere l’attuale pandemia. I progetti includono la ricerca per sviluppare nuovi vaccini, trattamenti e diagnostica, e sono il risultato di uno sforzo europeo che unisca risultati applicati e ricerca di base, dice Mariya Gabriel, Commissario europeo per la ricerca e l’innovazione: “L’Europa rappresenta il 7% della popolazione mondiale, con il 20% degli investimenti mondiali nella ricerca e nell’innovazione e il 21% dei documenti scientifici di alto livello. Dobbiamo continuare ad aiutare il lavoro del Consiglio europeo per la Ricerca, dobbiamo cercare di focalizzarci su una ricerca guidata dalla curiosità, una ricerca al limite della conoscenza, per anticipare quello che succederà”.

“Horizone Europe”, il programma quadro per la ricerca e l’innovazione

Una realtà che sarà affrontata nel prossimo programma quadro “Horizon Europe” per la ricerca e l’innovazione, prossimo a iniziare e a svilupparsi in un contesto particolarmente impegnativo.
“Abbiamo due sfide principali. La prima è quella di continuare a investire nella ricerca e nell’innovazione, poiché la crisi ha dimostrato fino a che punto esse siano fondamentali se vogliamo offrire soluzioni che permettano alle nostre economie e società di essere meglio preparate per la prossima crisi – dichiara Mariya Gabriel – la seconda sfida è quella della cooperazione e del coordinamento. Perché lo sappiamo bene: il virus non conosce confini. È importante continuare a concentrarsi in questa direzione di cooperazione internazionale e di coordinamento globale per poter dire che, guidati da questo sforzo dell’Unione europea, stiamo lavorando per tutti”.

Tornando ad Amburgo, i ricercatori dicono che la loro tecnica non si limita ai coronavirus o ai virus, ma può essere utilizzata anche per qualsiasi complesso proteico biologico. Questo è, dicono, il bello della ricerca di base.
Charlotte Uetrecht, leader del team di ricerca, spiega il concetto con una metafora: “Se pensiamo a una macchina, se la guardiamo solo dall’esterno, o la sentiamo solamente, non sapremo come funziona. Per fare questo, per conoscere la macchina nel suo funzionamento, bisogna guardare il motore nel dettaglio, osservarlo all’opera, magari anche smontarlo e guardare le funzionalità dei singoli componenti. Ed è esattamente quello che la biologia strutturale sta cercando di fare: osservare le singole proteine o i loro complessi, osservare l’intero macchinario al lavoro”.

I ricercatori dicono di essere soddisfatti della tecnologia che hanno sviluppato finora, ma che hanno bisogno di più lavoro per superare i confini della tecnologia attuale. Il loro progetto dovrebbe continuare fino alla fine del 2022.

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