Formazione pubblica, i numeri la premiano

Le classifiche parlano chiaro. In Italia formazione e ricerca pubblica tengono testa ad enti ed istituti privati. Prima le analisi dell’Ocse e poi la classifica della Virtual Italian Accademy.

Le classifiche parlano chiaro. In Italia formazione e ricerca pubblica tengono testa ad enti ed istituti privati. Prima le analisi dell’Ocse e poi la classifica della Virtual Italian Accademy, dove i centri di ricerca che ospitano i migliori cervelli del nostro Paese sono otto atenei e diversi enti di ricerca pubblici. Bologna, Cnr, Statale di Milano, Unipd e, non ultima la Sapienza, sono solo alcune delle eccellenze del settore.

Stadio: la formazione. Luogo: Italia. Epica partita tra due concorrenti che si sono contesi arbitro, sovvenzioni, titoli di giornale e luoghi sociali. Incontro ad alto rischio, porte sprangate per evitare tafferugli tra sostenitori ideologicamente facinorosi. È stata la partita del secolo: Formazione pubblica vs Formazione privata. Ed è finita 2-0. È vero: risultato che non ti aspetti. Frutto di due gol: uno, nel primo tempo, fine 2010, rete dell’analisi OCSE-PISA; il secondo, nella ripresa, inizi 2011, marcatura made in VIP, ovvero “Virtual Italian Accademy”. Insomma: pubblico straccia privato. E ora ci sono le prove.

L’Italia scala le classifiche OCSE – Nella cronaca dell’azione del primo gol ci sono due notizie: una è decisamente buona; l’altra, non sta a noi giudicarla. Prima notizia: l’Italia scala le classifiche OCSE. Vediamo nel dettaglio. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE, appunto) si prende la briga ogni tre anni di giudicare i quindicenni scolarizzati di diverse decine di paesi in tutto il mondo su un bouquet ben rappresentativo di conoscenze-base, considerate imprescindibili per poter essere autentici cittadini attivamente capaci.

Ebbene: i dati 2009, pubblicati nel dicembre del 2010, danno gli studenti italiani in netto recupero in tutte e tre le aree dello studio, e questo nonostante il numero delle nazioni partecipanti sia aumentato da 57 a 65. Siamo, ad esempio, al 30° posto in Lettura (eravamo 36°), con 486 punti, ovvero soltanto 7 in meno della media OCSE. Distanza che, solo nel 2006, era di 23.

Lo stesso vale per la matematica. Ci piazziamo 36°, oggi a -13 punti dalla media OCSE, ieri addirittura a -36. Miglioriamo pure nelle scienze. Qui la media degli altri è decisamente più alta: 501 punti. E noi ci arriviamo ora più vicini che mai, con i nostri 489 punti (35° posto), contro i 475 del 2006.

E questa è la prima notizia. La seconda, dicevamo, non sta a noi giudicarla. Eccola qua: i dati che abbiamo pubblicato due righe sopra sono falsati. In effetti, potremmo scalare le tre classifiche anche di dieci posizioni, se non di più. Ci stanno gabbando. Perché basterebbe non esaminare gli studenti degli istituti non statali. Che fanno registrare performance da terzo mondo.

La scuola pubblica italiana recupera 20 punti in lettura, 16 in scienze e addirittura 24 in matematica. Senza la zavorra delle private saremmo 23° (contro 30°) in lettura, 25° (invece che 35°) in matematica e scienze. Notizia nella notizia: succede solo da noi. Perché in tutti gli altri paesi (occidentali) l’istruzione privata è l’eccellenza, non una via di fuga

Nella descrizione del secondo gol c’è la stessa, identica conclusione. Si tratta della classifica stilata dal Virtual Italian Accademy, un’associazione fondata a Manchester da cervelli italiani in fuga, ovvero un dotto raggruppamento di ricercatori tricolori emigrati in altri laboratori.

Ebbene, la VIP ha classificato i migliori colleghi rimasti in Italia tenendo conto della quantità e soprattutto della rilevanza accademica delle loro scoperte. Il tutto basandosi sul fattore “h”, ovvero: se un ricercatore ha un h-index di 15, ad esempio, significa che ha compiuto 15 scoperte ciascuna delle quali è citata almeno 15 volte in lavori di altri ricercatori a livello mondiale. Una volta classificati i cervelli, il VIP li ha organizzati secondo ente, ateneo o istituto privato.

E ha stilato la classifica. Nel top ten della quale c’è solo un istituto privato (per la cronaca, il San Raffaele di Milano) che tra l’altro si piazza solo 8°, e sta in mezzo a 6 atenei pubblici (il primo, sempre per la cronaca, è l’Alma Mater di Bologna, ma ci sono anche nell’ordine Statale di Milano 3°, Padova 4°, Sapienza 5°, Statale di Torino 6° e Firenze 9°) a 2 enti statali, il CNR (2°) e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (9°), e ad un ente di diritto pubblico, l’Istituto nazionale dei tumori, 10°.

Insomma, anche nella ricerca tricolore, così come nella formazione scolastica, pubblico è più bello. E come si dice sempre alla fine di una partita vinta in modo così netto: quanto merito c’è della vincente, e quanto demerito dell’avversario?

Simone Ballocci

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