Ex spogliarellista si candida al Congresso Usa. “Lavoravo nei locali per pagarmi gli studi all’università”

Alexandra Hunt, 28 anni, è candidata al Congresso negli Stati Uniti. Polemiche per il suo passato da spogliarellista. Ha una laurea all’università della Virginia e due master in scienze e in salute pubblica: studi che si è potuta permettere grazie al suo lavoro nei locali per soli uomini.

Una ex spogliarellista al Congresso: non è il titolo di un film italiano anni ’70 ma quanto potrebbe accadere presto negli Stati Uniti dove Alexandra Hunt, ragazzi di 28 anni, con alle spalle una brillante carriera universitaria potrebbe diventare la prima ragazza “strip-tease” ad essere eletta al Congresso Usa. La sua particolarità però è che per pagarsi gli studi universitari Alexandra, dopo il primo anno di college a Richmond, ha lavorato come spogliarellista in un locale per soli uomini. Un “curriculum” che adesso i suoi avversari politici utilizzano contro di lei ma che sembra piacere particolarmente ai suoi seguaci sui social network che stanno inondando di visualizzazioni i video dove è lei stessa a raccontare quell’esperienza.

Candidata alle primarie democratiche per il Congresso nel terzo distretto della Pennsylvania, Alexandra Hunt è una data manager in una società biofarmaceutica e in passato ha lavorato negli strip club per pagarsi sugli studi, una laurea all’università della Virginia e due master in scienze e in salute pubblica. Ha iniziato al primo anno di college, a Richmond, quando il lavoretto part-time come cameriera nella mensa del campus non le basta per coprire i costi. “Non avevo idea di cosa stessi facendo” ha raccontato al Washington Post.

All’epoca non pensava che avrebbe mai dovuto raccontare a qualcuno i suoi trascorsi, ma tutto è cambiato durante la pandemia, quando ha deciso di candidarsi. “Ero in contatto con parecchi lavoratori del sesso prima di candidarmi, e mi hanno chiesto di non lasciarli soli” ha spiegato “eppure devo trovare un equilibrio, non voglio diventare il volto del sex work: non per vergogna, o perché sia uno stigma, ma perché bisogna restituire qualcosa che è stato tolto a queste persone. I giovani pensano che sia stata un’esperienza ‘forte’, invece mi è costata delle batoste. Parlarne agli abitanti di Philadelphia mi ha aiutata a rompere le catene della vergogna: ora so che se le persone mi attaccheranno – e, dovessi arrivare in Congresso, succederà di sicuro – dipenderà soprattutto dalla loro misoginia”. 

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