Esodo dalle università

L’università italiana non attrae. Sempre meno matricole e sempre meno diciannovenni decidono di proseguire gli studi. A dichiararlo è l’undicesimo Rapporto sullo stato del sistema universitario del Cnvsu (Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario) presentato a Roma. Il rapporto evidenzia che la percentuale di diciannovenni che si immatricola accedendo al sistema universitario negli ultimi anni è in continua diminuzione. Se nel 2003-2006 era attestata al 56%, nel 2007/08 è pari al 50,8% e nel 2009/2010 si arresta al 47,7%. Al calo degli immatricolati fa poi da contraltare la circostanza che il mancato proseguimento degli studi da parte dei maturi è più consistente sul territorio, laddove il mercato del lavoro offre maggiori chance occupazionali.

Secondo Luigi Biggeri, presidente del CNVSU, quello dell’università italiana è comunque un sistema in chiaroscuro. Da una parte c’è un sistema di buon livello, che nella competizione internazionale vede 15 università posizionarsi tra i primi 500 atenei del mondo, dall’altra una serie di carenze che fanno registrare all’università italiana posizioni di debolezza. Tra queste l’incidenza della spesa italiana per l’Università pubblica che è la più bassa fra i paesi dell’OECD o il tasso, ancora troppo contenuto, di laureati in corso. Tra gli aspetti strategici su cui puntare Biggeri mette al primo posto una reale razionalizzazione del numero dei docenti e dei corsi di studio. “L’Università – sottolinea – ha operato sì una diminuzione dei corsi di studio e dei docenti negli ultimi anni, ma l’analisi d’insieme sottolinea che ciò è avvenuto in assenza di una reale e concreta programmazione capace di tenere in considerazione il vero fabbisogno informativo e di ricerca”. “Il disegno futuro – continua il presidente – data l’urgenza, non potrà basarsi, ancora una volta, su compromessi tra gruppi interni di potere all’università (che con le numerosissime uscite dei docenti dai differenti settori scientifico disciplinari potranno cambiare profilo) – ma su un disegno strategico ad hoc. La programmazione degli accessi e delle modalità di richiesta dei posti da mettere a concorso, in relazione alle effettive esigenze delle attività di formazione e di ricerca che si modificano nel tempo, è irrinunciabile, pena il verificarsi di vere e proprie emorragie di docenti, in determinate aree di studio. Ad esempio, come risulta dal Rapporto annuale, entro il 2015 usciranno dall’Università, per limiti d’età, circa il 32% dei professori ordinari delle aree delle Scienze Fisiche e di Ingegneria Civile e Architettura.

Tra le novità che il comitato fa emergere c’è sicuramente la tendenza da parte dei maturi più bravi (quelli con voto di diploma fra 90 e 100) di iscriversi nelle università private. Secondo il rapporto sarebbero queste la meta preferita di chi esce dalle superiori con il massimo dei voti. Tali particolarità si collocano all’interno di un quadro di grandissimo respiro che tocca, nel Rapporto, punti di forza, come il fatto che il nostro sistema universitario si colloca al 10^ posto al mondo e al 5^ in Europa nella valutazione internazionale ed è al 1^ posto in Europa per l’accessibilità, e di debolezza. Fra questi ultimi, l’incidenza della spesa italiana per l’Università sulla spesa pubblica, che è la più bassa fra i paesi Oecd o il tasso, ancora troppo contenuto, di laureati in corso.

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