Elena Cattaneo contro il nuovo Biotecnopolo di Siena: “Ricerca utilizzata come merce di scambio dalla politica”

La docente della Statale di Milano e senatrice a vita critica lo stanziamento nell’ultima legge di Bilancio approvata dal Parlamento di 30 milioni di euro per la nascita del nuovo centro di ricerca toscano. “Con questa logica di magia elettorale anche la gestione dei fondi del PNRR è a rischio”.

“Usare la ricerca come merce di scambio è tanto più grave perché significa ignorare colpevolmente i reali bisogni della scienza in Italia e favorire le diseguaglianze tra studiosi, enti e territori. Un modo distorto di interpretare il processo democratico, di cui purtroppo, nel lungo termine, pagano le conseguenze non tanto i diretti responsabili, ma la ricerca, l’innovazione e tutto il Paese”. È un attacco molto duro contro il mondo della politica quello lanciato qualche giorno fa dalle colonne del Messaggero da Elena Cattaneo, docente della Statale di Miliano e senatrice a vita. Obiettivo del suo j’accuse l’emendamento all’ultima legge di Bilancio appena approvata (a prima firma del senatore Daniele Manca) che ha previsto la creazione di una nuova Fondazione, il “Biotecnopolo di Siena”, prevedendo anche un finanziamento iniziale di 30 milioni di euro e diventati con le varie riformulazioni 9 milioni per il 2022, 12 per il 2023 e 16 all’anno per sempre a decorrere dal 2024.

Un progetto che è balzato agli onori delle cronache dato che diversi quotidiani lo hanno incasellato come una sorta di “premio” per corrispondere alle promesse formulate dal segretario PD Enrico Letta nella campagna elettorale per vincere il collegio di Siena alle recenti elezioni suppletive. Una tesi totalmente sposata dalla docente della Statale che non remore nel definire il Biotecnopolo di Siena come merce di scambio.

“Siamo davanti a una concorrenza sleale contro tutti gli altri enti e istituti che invece devono (com’è giusto che sia) competere tra loro e con altri per conquistarsi le risorse necessarie – ha spiegato Elena Cattaneo – È pienamente nel dominio della politica scegliere di incentivare alcune aree socio-economiche da sviluppare e anche le materie su cui investire maggiormente, ma un polo scientifico andrebbe creato seguendo linee guida internazionali che assicurino la bontà e competitività dell’intervento. Si pensi alla gara promossa nel 2010 dall’allora sindaco di New York, Michael Bloomberg, per realizzare un nuovo polo di ricerca scientifica. Arrivarono una ventina di proposte, da 27 istituzioni di sei diversi Stati americani e otto paesi stranieri. A vincere, un anno dopo, fu il progetto presentato dalla cordata composta dalla statunitense Cornell University e dal politecnico israeliano Technion. Fantascienza per le politiche pubbliche della ricerca prevalenti in Italia”.

Nella sua disamina la docente e senatrice a vita ripercorre anche la storia dei più famosi enti di ricerca finiti negli ultimi anni al centro di polemiche perché definiti come “mance elettorali” da più di una voce critica: dall’IIT di Genova, voluto dall’ex ministro Giulio Tremonti con circa 1,7 miliardi investiti, all’Human Technopole, voluto dall’ex premier Renzi, con 140 milioni annui, passando per la creazione del Centro per l’innovazione e il trasferimento tecnologico in Lombardia (sempre all’interno del HT) introdotto con un emendamento a firma di Maria Stella Gelmini che prevedeva un finanziamento di 10 milioni per il primo anno e di 2 milioni per gli anni successivi.

“Col paradosso per cui a lamentare la fuga dei cervelli sono spesso gli stessi che continuano a difendere ad ogni occasione il personale orticello politico e accademico, con casacche diverse, ma con la costante di rifuggire ogni programmazione, trasparenza e dibattito. Il silenzio di gran parte degli studiosi, di chi avrebbe il dovere – per ruolo e posizione- di tutelare la ricerca libera e competitiva segnala la completa rinuncia a difendere l’etica pubblica, destinata a soccombere al ‘così fan tutti’ – aggiunge Elena Cattaneo – In questo contesto i fondi del PNRR e i bandi aperti e di prossima apertura sono una grande opportunità, ma anche un grande rischio qualora la spartizione preventiva delle risorse tra gli enti chiamati a competere finisse col prevalere sull’interesse pubblico. Dal 2026 l’Italia, e la ricerca, dovrà navigare in mare aperto senza i ‘booster’ economici oggi disponibili. Per farci trovare pronti, bisogna essere disponibili a superare, una volta per tutte, quel particulare che per decenni ha arenato il Paese sulle secche della crescita zero” ha concluso la docente della Statale di Milano.

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