Diritto allo studio, la tassa regionale vola a +126%

Si parla tanto di università più europee, aperte alle best practice degli atenei fuori dalla penisola eppure nelle ultime ore tutto si fa, fuorché attenersi a quelle buone pratiche che tengono alto il livello di diritto allo studio su base europea.

Si parla tanto di università più europee, aperte alle best practice degli atenei fuori dalla penisola eppure nelle ultime ore tutto si fa, fuorché attenersi a quelle buone pratiche che tengono alto il livello di diritto allo studio su base europea. Cresce, infatti, sempre più l’agitazione nelle università italiane. A mobilitare gli studenti l’aumento della tassa regionale per il diritto allo studio dovuto all’obbligato adeguamento delle regioni al decreto ministeriale 68/2012, un provvedimento che segue le linee guida della Riforma Gelmini. Si raddoppia addirittura. Gli studenti pagheranno ben 142 euro invece di 62, un aumento del 126%. Il diritto allo studio diventa un vero e proprio lusso. Venerdì 20 luglio anche la Regione Campania, conformandosi alle disposizioni normative nazionali, ha emanato un decreto che fissa, per l’anno accademico 2012/2013 l’aumento della tassa.

“Leggendo e sentendo dichiarazioni da più parti – ci ha spiegato Gianluca Radice di Aiesec Parthenope impegnato in Russia come Aiesec english teacher – mi pare chiaro che in Italia sta avvenendo un evidente cambio di tendenza e quelli che prima erano diritti ora non sono per nulla considerati. Altri stati EU investono molti miliardi nel settore universitario. Proprio qualche giorno fa parlavo con un amico polacco il quale mi diceva che lui sta frequentando due università. La domanda mi è parsa ovvia: ma come puoi permetterti di pagare così tanto? La risposta è stata molto imbarazzante per me: noi, in Polonia, nelle università statali non paghiamo niente!”

“Trovo abbastanza grave questa cosa – ha spiegato a noi del Corriere dell’Università, Flora Frate rappresentante degli studenti in senato accademico alla Federico II – credo sia un segnale forte, ancor di più della riforma Gelmini, dello stravolgimento dell’accademia universitaria cosi come l’abbiamo conosciuta. L’università pubblica, aperta a tutti senza differenze di status sociale, consentiva il veicolo per la mobilità sociale perché anche un figlio di operaio poteva diventare ingegnere. Adesso mi sento di dire che fra poco all’università potrà accedere chi ha le spalle coperte“.

Forti lamentele arrivano anche dalle associazione studentesche: “è una disposizione che colpisce indistintamente le tasche di tutti gli studenti, ledendo ovviamente in misura maggiore gli appartenenti alle fasce disagiate” ci ha raccontato Dario D’Errico, vicepresidente di New Politik.

L’Udu, che ha già proclamato mobilitazione di massa, si è espressa attraverso il suo rappresentante dell’Università Parthenope, Giuseppe Sbrescia: “Riteniamo inaccettabile tassare un diritto che non dovrebbe appunto essere pagato dagli studenti che gia versano in condizioni economiche svantaggiate e si troveranno a subire le cause della malagestione dei nostri amministratori locali e nazionali”.

Proteste ed indignazione anche da L’Orientale: “Sinceramente, considerato che le tasse si pagano già ai singoli istituti, non capisco per quale servizio paghiamo la tassa alla regione. Paghiamo una tassa oltre la retta. Preferirei darli all’università, che ne ha bisogno, o che almeno mi chiarissero a cosa, a livello pratico, servono questi soldi al fine della mia istruzione” ha spiegato la laureanda Valeria Volpe.

Su internet è guerra, dai vari blog gestiti dagli universitari e sui diversi social network campeggiano dichiarazioni di rabbia e sgomento. I futuri professionisti sono pronti a scendere in piazza.

Il commento integrale di Flora Frate
Il commento integrale di Gianluca Radice
Il commento integrale di Valeria Volpe

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