Intervista a Enrico Decleva, presidente CRUI

enricodeclevacrui_g.jpgConcorsi, governance, finanziamenti. Sono questi i principali argomenti che ogni giorno fanno arrovellare le menti di chi dentro l’università ci vive da decenni. Ma il sistema universitario italiano è eterogeneo, si sa, per questo l’organo che lo rappresenta nel suo insieme, la Conferenza dei rettori, dovrebbe tentare l’impossibile: racchiudere in un unico enunciato la realtà di quasi ottanta atenei molto diversi tra loro. Il presidente della Crui, Enrico Decleva, rettore della Statale di Milano, che abbiamo incontrato qualche giorno fa, ci ha raccontato la posizione della Conferenza sugli argomenti più discussi negli ultimi giorni.
Rettore, cosa comporterà in pratica la riforma dei concorsi universitari?
Innanzitutto dobbiamo aspettare di vederla scritta in un testo di legge, comunque dovrebbe comportare una abilitazione scientifica nazionale a lista aperta, legata però a dei parametri minimi di qualità, di produzione scientifica effettivamente svolta. Per gli abilitati si aprirebbero due percorsi possibili, legati alla destinazione dei budget d’ateneo. Una quota dei budget dovrebbe infatti essere destinata a procedure di progressione in carriera – per intenderci promozione, passaggi di fascia riservata agli interni in ambito di settori o macrosettori disciplinari. Una parte invece dovrebbe essere di vera e propria assunzione, cioè per assunzioni nuove o di trasferimenti.
Questo dovrebbe servire a dare un po’ più di mobilità al sistema mentre ora tutti i concorsi teoricamente erano aperti a tutti, di fatto erano pensati come percorsi di promozione. Insomma la riforma metterebbe le cose in chiaro e soprattutto stabilirebbe budget differenziati.
Questo nuovo metodo di reclutamento potrebbe aumentare la trasparenza che mancava nei concorsi?
La trasparenza in realtà potevamo averla anche prima. In realtà dovrebbe essere maggiore la garanzia per i concorrenti poiché, ai fini della abilitazione, non c’è la pressione diretta di una sede che vuole scegliere quella persona piuttosto che un’altra. Poi, si sa, nessuno è perfetto.
La conferenza dei rettori condivide il nuovo meccanismo?
Sì, condividiamo questa linea, c’è l’esigenza di un cambiamento.
Quali saranno i prossimi passi in tema di governance?
Bisogna vedere che tipo di normativa arriverà. Noi speriamo che si tratti di un provvedimento “quadro”, di principi, che poi si tradurranno in scelte differenziate per ogni singolo ateneo. Le macroscelte, come la divisione di compiti tra senato accademico e consiglio di amministrazione spetterà alla legge, per quanto riguarda anche il mandato rettorale alcune cose dovranno essere messe nella legge, il resto è auspicabile che si possa decidere a livello di ateneo anche tenendo conto delle differenze notevoli tra gli uni e gli altri.
A Camerino il rettore Fulvio Esposito ha di recente adottato uno Statuto molto innovativo, che per la prima volta accorpa didattica e ricerca e prevede un mandato unico di sei anni per il rettore. Cosa ne pensa?
Nell’ambito dell’autonomia c’è anche il rispetto delle scelte degli altri. Nessuno può imporre la propria. Questo nuovo Statuto è anche legato alle specificità di un ateneo di piccole dimensioni. Trasferire gli stessi principi a Milano sarebbe un po’ difficile. Sul mandato unico e sulla questione della sfiducia però ho molte perplessità. La sfiducia è una forma di condizionamento rispetto al rettore, quindi condizionamento per condizionamento meglio una seconda elezione, insomma è meglio che uno si esponga al voto. Oppure operare una scelta di designazione, come è ovvio, ma con altre procedure. Ma mi sembra che anche su questo si debba lasciare spazio all’autonomia.
Il rettore di Camerino ha anche criticato il documento Crui sulla governance, definendolo un documento “veltroniano”, ispirato alla logica dei “ma anche”, del tipo “si può fare questo ma anche quest’altro…”.
È un documento che tiene aperte diverse prospettive in senso pluralista sulle possibilità, non è poi che non ci possano essere delle scelte o delle opzioni, si è cercato anche di tener conto di situazioni obiettivamente molto differenziate tra loro, ma non lo definirei “veltroniano”.
Il rettore Esposito, ad esempio, ha detto che “l’opinione pubblica oggi all’università chiede cambiamento, scelte coraggiose”…
All’interno del nostro documento sono previste anche scelte coraggiose. Ma le scelte coraggiose non dipendono da noi, quelle deve farle il governo.

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