Cnr, i rettori appoggiano la legge 240

 Roma/Sala Convegni Cnr – Appoggio unanime dei rettori alla legge 240. Nonostante i tagli e le criticità del testo la Crui si dice pronta a seguire gli atenei in questo processo di riforma. E per il neo presidente Marco Mancini l’unica vera e concreta speranza per questo paese è vincere la competizione basata sull’economia della conoscenza. Per questo gli atenei devono mirare a rafforzare le eccellenze e la formazione anche attraverso una concreta adesione alla legge 240

“Le università ce la vogliono fare, le università pensano di farcela, le università ce la faranno. Sono pronte ad accogliere con spirito di partecipazione la nuova riforma Gelmini, perché le legge 240 è comunque una opportunità”. Prima di aprire i lavori per il seminario sulla riforma dell’Università “Atenei: costruire le nuove identità”, svoltosi oggi nella sede del Cnr, il presidente della Crui, Marco Mancini, ha espresso il suo consenso a una legge che ha fatto molto discutere.

“La legge 240 è una opportunità per aprire i cantieri dell’università, – ha sottolineato Mancini – per costruire le nuove identità autonomistiche degli atenei, ma anche per mostrare come simultaneamente stiamo perseguendo con determinazione la strada dell’efficienza e dell’efficacia”.

Spira così a Roma, nella sala conferenze del Cnr, un vento di cambiamento che per una volta sembra non disturbare molto i presenti. E le parole del numero uno della Conferenza dei Rettori Italiani appaiono in linea anche con quelle del Ministro dell’Istruzione Gelmini che in un messaggio inviato ai rettori sottolinea il ruolo decisivo degli atenei nell’applicazione della legge. “Gli atenei  – scrive il ministro nei saluti inviati ai partecipanti al seminario – avranno l’importante compito di approvare i nuovi statuti e alcuni regolamenti chiave, primo fra tutti quello sulle procedure di reclutamento. E’quindi auspicabile che gli atenei, anche attraverso il coordinamento della Crui dialoghino tra loro per identificare soluzioni condivise e pratiche di riferimento. Il ministero vigilerà attentamente sul rispetto degli statuti e regolamenti restando disponibile a valutare ogni soluzione innovativa che accetti gli elementi di riforma del sistema”. Massima apertura quindi da parte del Miur ad un dialogo costruttivo e massima propensione da parte del mondo accademico a cercare, ma non senza evidenziare i punti critici, di sfruttare al meglio le novità del ddl.  

Il primo confronto a cui l’Università è chiamata a rispondere è quello con l’esterno, con il Paese  da sempre, secondo Mancini,  “sfiduciato se non addirittura ostile verso il mondo universitario”. “Pronti ad accettare questa sfida rimettendosi in discussione e rivedendo gli assetti consolidati,  gli atenei  – spiega il presidente – sono tra le pubbliche amministrazioni quelle che si sono riformate con più efficacia, che hanno accettato la rivoluzione copernicana della valutazione, ormai a un punto di svolta con la creazione dell’agenzia di valutazione: l’Anvur”.

Il sistema di ristrutturazione risulta non facile, ha spiegato ancora Mancini “non per quali chissà poteri consolidati o per chissà quali interessi ma semplicemente perché occorre mettere mano a strutture di governance fondate su una architettura legislativa che è vecchia di 40 anni e che è cresciuta in modo disordinato ed irrazionale”. Su questa infatti si è incardinata l’autonomia delle università, che non è mai stata realmente razionalizzata mediante un processo di adeguamento normativo. “Ora questo adeguamento lo abbiamo, è legge dello stato e dobbiamo applicare la riforma al meglio. Questa è la sfida a cui noi siamo chiamati”.

Se lo scopo delle università – secondo la Crui – “è di far vedere cosa siamo capaci di fare”, il rischio è di incorrere in un processo non accompagnato da una adeguata politica di finanziamento dell’università. Il 2012, non si può negare e non lo nasconde nessun esponente della Conferenza, si presenta con una ulteriore diminuzione del finanziamento ordinario: i tagli vanno ben oltre il 5%. Molte problematiche sono poi legate alla emanazione  dei cosiddetti decreti attuativi, “un numero considerevole, più di 40, – sottolinea Mancini –  molti dei quali concernano sia il reclutamento sia la finanziaria. I decreti incidono, quindi, da subito sull’avvio del processo riformistico degli statuti e sul budget degli atenei, per questo “va richiamata attenzione sulle norme che rivedono in maniera profonda la contabilità delineata dall’articolo 5 della legge 240”.

Anna Di Russo
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  1. Chiacchiere. Chi lavora nell’università sa degli effetti disastrosi della riforma, dell’accentramento del potere nelle mani degli ordinari, dell’emarginazione dei ricercatori e dei precari (che hanno fatto funzionare il sistema negli ultimi quindici anni). Per non parlare del blocco del turnover deciso due anni e mezzo fa. La novità positiva del rilancio dei dipartimenti non compensa tutto il resto. Una riforma pessima, gestita peggio sia dal ministero che da buona parte degli atenei.

  2. Concordo con Giovanni Scotto. Si tratta di chiacchiere ‘interessate’ da parte di chi si è visto aumentare il potere e se ne appaga, senza voler riconoscere che la 240 non risolve i problemi ma li accentua. Del resto, nessuna persona ragionevole può seriamente pensare che l’Università possa progredire in un contesto che prevede solo tagli e accentramento del potere nelle mani dei soliti noti, molti dei quali non distanti dal pensionamento. Senza un turn over adeguato, si prospetta, anche in questo ambito, quella gerontocrazia che è il male della politica italiana, oltre che un ulteriore ricattatoria precarizzazione dei più giovani.

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