Clima, il Ministro Fioramonti a COP25. L’intervento alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Madrid

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti, interverrà a COP25, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in corso a Madrid fino al 13 dicembre prossimo. Il Ministro Fioramonti parteciperà nel corso dell’High-Level Event on Action for Climate Empowerment.
Tra gli speaker anche la Ministra dell’Istruzione e della Formazione Professionale – Spagna, María Isabel Celaá Diéguez; il Ministro degli Affari Economici, dell’Innovazione, della Digitalizzazione e dell’Energia della Renania Settentrionale – Vestfalia – Germania, Andreas Pinkwart; la Ministra dell’Acqua e dell’Ambiente – Uganda, Mary Goretti Kitutu; la Ministra federale per la Sostenibilità e il Turismo – Austria, Maria Patek.
 
Cop25 a Madrid, la conferenza sul clima entra nel vivo. Con tanti nodi ancora da sciogliere

Taglio delle emissioni, l’articolo 6 sul “mercato del carbonio”, e soprattutto gli aiuti (che non ci sono) ai paesi colpiti da disastri ambientali provocati dalle emissioni di gas serra dell’Occidente ricco. Nelle prossime ore atterreranno nella capitale spagnola i ministri e i capi di governo. E i tecnici devono far trovare loro le bozze di accordo da valutare ed eventualmente sottoscrivere

MADRID – La conferenza di Madrid entra nel vivo. Dopo i cortei dei ragazzi, i flashmob degli attivisti, le dichiarazioni di intenti della prima settimana, da ieri le delegazioni dei paesi sono al lavoro giorno e notte. Nelle prossime ore atterreranno nella capitale spagnola i ministri e i capi di governo: i tecnici devono far trovare loro le bozze di accordo da valutare ed eventualmente sottoscrivere. Sui tavoli paralleli della COP25 ci sono temi cruciali per l’applicazione effettiva degli Accordi di Parigi e dunque per tenere sotto controllo il riscaldamento globale negli anni a venire. Ecco i principali punti di scontro.
Il taglio delle emissioni
L’obiettivo forse più importante di COP25 è scoprire le carte, vedere chi fa sul serio. A un anno dalla conferenza decisiva, la COP26 che si terrà nel novembre 2020 a Glasgow e che darà il via ufficiale all’attuazione degli Accordi di Parigi, le nazioni sono chiamate a dire quali sono i loro target di riduzione di CO2. “La Conferenza di Madrid è l’ultima occasione utile per mettere nero su bianco le proprie intenzioni”, conferma Riccardo Valentini, professore di Ecologia forestale all’Università della Tuscia e membro dell’Ipcc (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu), con il quale ha vinto il Nobel per la Pace nel 2007. “Dall’anno prossimo si fa sul serio”. La prima, clamorosa, puntata al rialzo l’ha fatta la Danimarca: proprio nei giorni di COP25 il Parlamento di Copenaghen ha approvato un taglio alle emissioni del 70% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030. “Ma sono molti i piccoli paesi che rilanciano”, dice Valentini. “Il problema è convincere le grandi nazioni che emettono grandi quantità di gas serra”.
L’articolo 6
E’ lo strumento ideato nella Conferenza di Parigi del 2015 per regolare il “mercato del carbonio”. I paesi che non riescono a raggiungere i loro obiettivi di riduzione delle emissioni possono finanziare operazioni di assorbimento della CO2. Un meccanismo virtuoso, che ha creato anche un flusso di denaro dalle nazioni ricche (che fanno fatica a decarbonizzare le loro economie) a quelle in via di sviluppo (poche emissioni di gas serra e grandi patrimoni naturali). Ma non tutto funziona come dovrebbe. Ci sono per esempio i “carbon fake”: realizzo un progetto che assorbe CO2 e poi lo vendo sia al paese A che al paese B, quindi quella CO2 viene conteggiata due volte. Chi controlla?
“Ma il vero ostacolo”, spiega un tecnico francese che partecipa ai lavori, “è che alcuni paesi si rifiutano di quantificare le loro iniziative in modo oggettivo”. Un esempio: si impegnano a piantare tot ettari di foreste senza però voler attribuire a questo impegno un corrispettivo di tonnellate di CO2 assorbita. Il Brasile guida il blocco dei paesi recalcitranti, a cui si iscrivono anche alcune potenze petrolifere del Golfo Persico.
Nonostante le difficoltà, gli addetti ai lavori sono convinti che nelle prossime ore si troverà un accordo. E nella notte, al temine della sessione plenaria i tecnici hanno in effetti licenziato un documento unitario che ora passerà al vaglio delle delegazioni politiche dei diversi paesi.
Loss and damage
Più problematica e meno immediata la soluzione del tema caro ai paesi in via di sviluppo minacciati da eventi estremi causati dai cambiamenti climatici. Chi li risarcirà e secondo quali criteri in caso di disastro ambientale (indirettamente) provocato dalle emissioni di gas serra dell’Occidente ricco? Esiste un fondo “green” di circa 10 miliardi di dollari. E una procedura varata con gli Accordi di Varsavia del 2013. Ma dopo sei anni è chiaro che le due misure non hanno funzionato, lasciando senza aiuti le popolazione colpite: clamoroso il caso del Mozambico devastato dal tifone Idai senza che venisse attivato il fono. Dunque a COP25 si ridiscutono i meccanismi di erogazione. “Siamo ancore in alto mare” confessa uno sherpa nei corridoi della Fiera di Madrid. Ma forse con una settimana di lavoro ce la faremo.
repubblica.it

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