Censis: La laurea non basta più, è il momento delle competenze tecniche

 

Secondo il rapporto annuale del Censis sulla situazione del Paese, il titolo di studio universitario non è uno scudo contro la disoccupazione e i giovani, insieme alle famiglie, si orientano verso una formazione che dia maggiori competenze

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Il mito della laurea a tutti i costi non guida più le scelte dei giovani italiani e delle loro famiglie. Questo è quello che emerge dal 46esimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.

Per combattere la crisi bisogna spingere verso nuovi processi di riposizionamento: una condizione «vitale», secondo il presidente del Censis Giuseppe De Rita, che insieme al direttore Giuseppe Roma ha presentato il rapporto, e che ha uno dei suoi esempi più esplicativi del riorientamento dei giovani verso percorsi di studio che diano maggiori possibilità di trovare lavoro.

Il 78 per cento delle famiglie italiane ritiene giusto indirizzare i propri giovani verso una formazione che crei competenze e possibilità di lavoro. «Oggi c’è più consapevolezza che bisogna saper fare qualcosa se davvero si vuole trovare un lavoro, in Italia ma anche all’estero, e lo dimostrano i 60mila giovani che vanno a studiare fuori dal nostro Paese: non è un vezzo, ma una scelta verso università che danno maggior professionalizzazione», dice al Corriere dell’Università Giuseppe Roma.

Cresce il numero degli iscritti negli istituti tecnici e professionali, cresce quello dei diplomati (+2,2 nell’ultimo quinquennio) ma calano le immatricolazioni (-6,5 per cento tra il 2006/2007 e il 2010/2011). «L’università costa e i ceti a più basso reddito, per la prima volta dopo molti anni hanno difficoltà di accesso, mentre i giovani sono scoraggiati da un’università come la nostra che non è un ponte verso il lavoro come avviene in altri Paesi europei», spiega Roma.

Le imprese hanno bisogno di giovani con competenze tecniche e specifiche e gli istituti si alleano con le aziende per arricchire l’offerta formativa della scuola.

Ma la crisi ha tagliato fuori dal lavoro 200mila giovani sotto i 25 anni tra il 2010 e il 2011(e altrettanti posti di lavoro sono stati bruciati solo nel primo semestre del 2012) e più della metà dei 2 milioni e 753mila “job seekers” sono giovani sotto i 35 anni, eppure nel settore dell’Ict, una delle porzioni del sistema produttivo che non è rimasta immobile di fronte alla crisi, l’età media degli imprenditori delle circa 800 start-up del 2011 è di 32 anni.

 

Chiara Cecchini

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