Arance nei distributori di una scuola, ma manca il personale che le inserisca

 

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A Chiarano, in provincia di Treviso, era stato approvato il progetto “una spremuta di salute”, destinato agli alunni dai 6 ai 14 anni, che frequentano le scuole comunali.

L’idea era nata per favorire il consumo di frutta fresca tra i giovanissimi e per promuovere uno stile di vita sano e un’alimentazione genuina. Si ricordi che il problema delle bibite aveva portato il ministro Balduzzi ad emanare un Decreto Salute, secondo il quale, dal primo gennaio 2013, sarebbe dovuto essere aumentato dal 12% al 20% il contenuto minimo di frutta nelle bevande analcoliche che utilizzano nella denominazione il riferimento alla frutta. Era stata una decisione che aveva fatto infuriare i produttori e aveva invece reso felici i consumatori.

Nella provincia di Treviso, però, si era pensato di sostituire le bibite con una salutare spremuta tradizionale.
Come affermato dal sindaco Gianpaolo Vallardi, negli ultimi due anni erano stati comprati parecchi chili di arance da destinare al progetto. Una spesa sostenuta dall’amministrazione che, nel 2012, aveva avuto successo. Adesso, però, il progetto rischia di arenarsi.

 

Il motivo? Nessuno vuole inserire le arance nella macchinetta. Si teme che possa esser necessario un certificato per poterlo fare.
Il sindaco ha denunciato: “Queste arance venivano inserite nell’apposito macchinario per produrre le spremute da distribuire ai ragazzi. Ebbene, quest’anno il personale scolastico non provvede più alla distribuzione degli alimenti perché, mi si dice, questo non atterrebbe ai loro compiti”.
“Eppure, abbiamo speso dei soldi per questo progetto. Chiedo solamente un po’ di buon senso da parte di chi di dovere”, ha aggiunto, nella lettera inviata all’Istituto Comprensivo di Gorgo al Monticano.
Immediata, la risposta: “il problema è noto. I nostri collaboratori non hanno l’abilitazione sanitaria per questo tipo di servizio alimentare”, ha detto Laura Casagrande, la Direttrice.
La soluzione proposta è stata quella di trovare del personale esterno alla scuola, che abbia questa “idoneità sanitaria”.
Si azzarda, addirittura, l’ipotesi di far seguire dei corsi per ottenere una certificazione al personale interno alla scuola, che consenta loro di mettere le arance nella macchinetta.
“Chi pagherebbe questi corsi? Noi a scuola abbiamo un servizio mensa dove lavorano delle persone con tutte le certificazioni del caso, ma che sono dipendenti esterni, ossia della ditta che garantisce il servizio”, ha detto la Casagrande.
E ha concluso, categorica: “Se l’amministrazione intende proseguire nel progetto, per quanto ci riguarda, deve risolvere il problema del personale da impiegare”.

A.Z.

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