Il ’68 è passato alla storia come l’anno della rivoluzione studentesca, l’anno del sovvertimento delle imposizioni, della rivincita di una classe – quella dei giovani – che, andando contro il governo e contro le tradizioni si è ribellata a un sistema che propugnava una cultura della mediocrità.
Si parla sempre di ’68 in relazione agli studenti gettando un’ombra contro i docenti che allora erano considerati “cooperatori” del governo e, pertanto, oggetto anche loro di protesta. È stato presentato ieri, presso la Biblioteca Laziale a Roma, un testo, in due volumi, che racconta e raccoglie l’altra faccia del ‘68 ovvero le opinioni, i racconti, i ricordi e le impressioni dei professori che in quell’epoca insegnavano all’università Sapienza.
Il testo, il cui titolo è “Un altro ‘68”, è stato scritto da Francesca Socrate, professoressa e scrittrice. Alla presentazione ufficiale di ieri erano presenti alcuni docenti da lei intervistati come Tullio De Muro e Vittorio Vidotto.
Divertente e commovente è stato l’intervento di Tullio De Mauro che ha esordito subito con una battuta sull’età degli intervistati: “Siamo quasi un’associazione combattenti e reduci”. Poi il professore ha ricordato il 1968 come un evento che ha spiazzato le coscienze comuni, che ha portato “l’inatteso” e il ricordo di quell’anno lo ha portato a ricostruire le motivazioni che hanno portato alla rivoluzione, le cause del movimento che ha preso fuoco nelle università inaspettatamente e velocissimamente.
Nel racconto di De Mauro non sono mancati gli aneddoti di quegli anni: “Questa borsa che porto sempre con me – ha raccontato il professore mostrando agli uditori una cartella di pelle consumata – mi ricorda un convegno avvenuto nella primavera del ’69 in cui un gruppo di operai Olivetti riuscirono a fermare un convegno di proporzioni mondiali con un picchetto davanti al palazzo”; dopo una breve pausa De Mauro guarda la sala econtinua: “In quegli anni c’era l’idea di poter fare cose grandi, cose impensabili prima: fermare un convegno mondiale, come mettere in crisi un parlamento per chiedere una università migliore”.
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