Viaggio al VIRGO, tra i cacciatori delle onde gravitazionali: "Cambia il modo di guardare l'Universo"

Sono passati appena 10 giorni dalla scoperta delle “onde gravitazionali”, che ha rivoluzionato il mondo della scienza e della fisica. I ricercatori del LIGO, acronimo di Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory, osservatorio statunitense fondato nel 1984, sono stati i veri protagonisti della scoperta. Ma anche l’Italia, e i suoi ricercatori, hanno fatto la loro parte. Ce lo conferma Giancarlo Cella, coordinatore del gruppo Virgo dell’INFN di Pisa. VIRGO è un rivelatore interferometrico di onde gravitazionali, con bracci lunghi 3 Km, situato nel comune di Cascina, in provincia di Pisa. La sua costruzione è terminata nel 2003, appena un anno dopo la conclusione dei lavori al LIGO statunitense. L’obiettivo, invece, è lo stesso: dare la caccia alle onde gravitazionali. “Da settembre scorso è partita una fase generale di miglioramento dell’impianto – conferma Cella -. Ma occorre aggiungere che molti fisici che attualmente lavorano a LIGO provengono dall’italia in generale e da Virgo in particolare”. Cella allarga il discorso anche alla questione della ricerca in Italia: “I finanziamenti per la ricerca non sono sufficienti per rimanere competitivi”, ammonisce. Ecco l’intervista integrale del Corriere dell’Università.
 
Quanto c’è di italiano nella scoperta delle onde gravitazionali?
Per capire la situazione è necessaria una premessa. Virgo è una collaborazione tra laboratori scientifici di diversi stati europei (Italia, Francia, Olanda, Ungheria, Polonia). Oltre al rivelatore di Virgo esistono altri due rivelatori concepiti per avere una sensibilità confrontabile, negli Stati Uniti, che corrispondono all’esperimento LIGO.  Sin dall’inizio del funzionamento dei tre rivelatori Virgo e LIGO hanno sottoscritto un accordo che prevede la completa condivisione dei dati e delle pubblicazioni. Quindi i dati vengono analizzati congiuntamente, e tutti gli articoli vengono scritti e discussi dall’intera collaborazione. Questo vale anche per la recente scoperta.
In passato i rivelatori sono stati in presa dati contemporaneamente.  Ad un certo punto è iniziata, sia per Virgo che per LIGO, una fase di miglioramento nella quale le misure erano interrotte. I miglioramenti erano necessari per raggiungere la sensibilità che ha portato alla scoperta attuale. Per varie ragioni le attività di miglioramento sono iniziate con un certo ritardo per Virgo. Durante le misure iniziate a settembre scorso, che hanno portato alla scoperta, Virgo non era ancora in presa dati e quindi i dati provengono da LIGO. Occorre aggiungere che molti fisici che attualmente lavorano a LIGO provengono dall’italia in generale e da Virgo in particolare.
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In cosa consiste l’attività dei “cacciatori di onde” a VIRGO?
Per semplificare possiamo distinguere tre aspetti, anche se a volte il confine tra essi è sfumato. Una prima attività è la costruzione e il miglioramento dell’apparato. Questa è la fase attualmente in corso, e terminerà grosso modo tra poche settimane. Si tratta di costruire (in questo caso, ricostruire includendo diversi miglioramenti) l’interferometro. Una seconda attività è quella di commissioning, nella quale l’interferometro ricostruito verrà messo a punto: questa attività è già parzialmente iniziata e durerà fino alla prossima estate. La terza attività è l’analisi: si cerca all’interno dei dati provenienti dai rivelatori (i 2 LIGO in questo caso, i 2 LIGO+Virgo l’autunno prossimo) le tracce delle onde gravitazionali e delle loro caratteristiche.
 
In questi giorni è scoppiata la polemica sulla ricerca in Italia: qual è il suo punto di vista sulla questione? 
I finanziamenti per la ricerca in Italia non sono sufficienti per rimanere competitivi. Il problema più grave a mio parere è quello della grande difficoltà con la quale si possono assumere nuovi ricercatori. Da più di dieci anni abbiamo, tra blocchi delle assunzioni e limitazioni al turn over (1 assunzione ogni 2 pensionamenti) una situazione che sostanzialmente non dà speranza ai giovani. Nella maggior parte dei casi l’unica possibilità è quella di andare all’estero, e anche in Virgo purtroppo abbiamo avuto esperienza diretta di questo in moltissimi casi. In sé la mobilità dei ricercatori può essere un fatto positivo, ma se non è in entrambi i sensi (da e verso l’italia) qualcosa non funziona:  diviene la foglia di fico che nasconde l’incapacità dell’Italia di trattenere e attirare talenti.
Questa situazione deve cambiare in tempi rapidi, altrimenti la ricerca in italia ridurrà inesorabilmente la propria qualità. Prima di tutto si devono dare certezze: un giovane deve sapere che saranno messi a disposizione un certo numero di posti ogni anno. In questo modo si evita di creare false aspettative, che producono inevitabilmente un problema di precariato da gestire. Secondariamente, le risorse a disposizione vanno comunque aumentate in modo significativo. Le conseguenze della situazione attuale non sono ancora del tutto evidenti, temo. Si è creata una interruzione di almeno una generazione nella
trasmissione delle conoscenze: questo lascia una cicatrice che purtroppo si mostrerà in futuro in modo sempre più chiaro. Occorrono politiche di programmazione sui tempi medio-lunghi, non si può vivere alla giornata

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Pensa che i “privati” debbano fare di più nel settore della ricerca?
Qualunque cosa vogliano fare i privati è certamente benvenuta, e va favorita. Personalmente non credo però che sia questa la soluzione del problema. La responsabilità della gestione della ricerca non può essere delegata dallo stato ai privati. Lo stato ha la responsabilità di garantire gli spazi e i finanziamenti per una ricerca non condizionata dagli interessi del mercato e magari priva di ricadute a breve termine.  Io credo che la presenza di una forte e sana ricerca di base sarebbe già un forte incentivo per i privati, che troverebbero una comunità di ricercatori preparati dalla quale attingere. Un aspetto molto importante per me è che la ricerca ha una valenza culturale generale che deve essere protetta dai condizionamenti economici. Ignorare l’importanza di questo è molto miope.
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Cosa cambia dopo la scoperta di qualche giorno fa?
Inizia un nuovo modo di guardare all’universo. La rivelazione delle onde gravitazionali dimostra che è possibile misurare un segnale generato direttamente dal moto delle masse. In alcuni casi (come la collisione di buchi neri osservata) questo è probabilmente l’unico segnale disponibile. In altri, potremo avere in contemporanea altri segnali (onde elettromagnetiche, neutrini) che daranno una informazione complementare. Al crescere della sensibilità dei rivelatori ci si attende che gli  eventi osservati aumenteranno molto rapidamente: se la sensibilità aumenta di un fattore 10, il numero di eventi al giorno
aumenta di un fattore 1000. Inoltre le informazioni che saremo in grado di estrarre diverranno sempre più precise e permetteranno di studiare in dettaglio la relatività generale in un regime nel quale l’interazione gravitazionale è molto intensa. Questo non è stato mai fatto fino ad ora: potremo capire se anche in queste condizioni la relatività generale funziona bene.
Infine, più a lungo termine, potremo ottenere informazioni dirette sull’origine dell’universo. Per sua natura un’onda gravitazionale si propaga senza interagire in modo apprezzabile con l’ambiente circostante, al contrario di un’onda elettromagnetica. Nei suoi primi 300.000 anni di “vita” l’universo era opaco per le onde elettromagnetiche, ma trasparente per quelle gravitazionali. Con un poco di fortuna saremo capaci di vedere la radiazione gravitazionale fossile generata in questa fase iniziale.
 
Ultima curiosità: quante possibilità c’erano che le “onde gravitazionali” fossero scoperte a Cascina?
La risposta è molto semplice: se il rivelatore Virgo si fosse trovato già nella condizione di funzionare, avrebbe certamente visto le onde gravitazionali insieme ai due detector di LIGO. Dalla prossima presa dati i tre rivelatori inizieranno nuovamente a funzionare in modo congiunto, e questo darà la possibilità di misure più accurate e di nuove scoperte.
Raffaele Nappi

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