Valore legale del titolo di studio. Da ridiscutere

Alla luce dell’aperta consultazione pubblica sul valore legale del titolo di studio, proposta dal governo Monti, apriamo il dibattito sulle pagine di corriereuniv, riportando il commento di un nostro lettore in merito all’articolo Abolizione del titolo del valore legale

Alla luce dell’aperta consultazione pubblica sul valore legale del titolo di studio, proposta dal governo Monti, apriamo il dibattito sulle pagine di corriereuniv, riportando il commento di un nostro lettore in merito all’articolo Abolizione del titolo del valore legale

Dapprima non volevo rispondere, ma poi, considerando che questa è una delle prime pagine che compaiono sull’argomento cercando su Google, ho deciso di farlo, perché la leggono in molti e mi sembra doveroso chiarire qualche punto rispetto al Dr. Gian Piero Bomboi, che ha ben articolato il Suo discorso.

1) Vedo che non disdegna l’uso del titolo “Dr.” neppure su internet: è un suo sacrosanto diritto, del resto sancito dalla legge. Ma in ciò vedo una certa ironia. Io comunque, pur essendo a favore del valore legale del titolo di studio, non userò il mio.

2) Riguardo a questo:
“Conosco tantissime persone non laureate le quali svolgono mansioni dirigenziali e di coordinamento di team di laureati – conosco laureati con incarichi minori come precari e con stipendi da 600 Euro al mese.”

anch’io sa? Generalmente si tratta, o di persone di una certa età che fondarono imprese in altri tempi, oppure, più generalmente oggi, dei loro figli, oppure i mariti delle figlie. I laureati che conosce Lei con stipendi da 600 € al mese, non sono pagati così perché incompetenti, ma perché questo è l’ordine di grandezza delle paghe di chi comincia a lavorare oggi come laureato, se appunto non è figlio di papà o simili. Poi certo gli incompetenti ci sono in tutti i campi… tra i laureati e i non laureati. Dico questo perché, leggendo il Suo intervento, mi par di intuire che Lei suggerisca l’idea che la Laurea non solo non sia garanzia di capacità (cosa su cui concordo), ma che sia quasi una sorta di garanzia di incapacità.

3) Quindi, riguardo a questo:
“Il valore Legale è un danno perché spesso crea una protezione all’incompetenza.”

è un pensiero assolutamente infondato. Mi chiedo cosa vuole di più: in Italia i laureati vengono pagati una miseria, sono precari e possono essere licenziati in qualunque momento, eppure… “il valore Legale è un danno perché crea una protezione all’incompetenza”. In che cosa consisterebbe questa “protezione”? Chiedo con sincera curiosità!

4) su questo:
“Nel mondo del lavoro, deve prevalere il “merito” che non può essere scritto su un pezzo di carta, garantito in nome della Legge!”

nel mondo del lavoro, il merito -può- prevalere (e spesso non accade) indipendentemente dal valore legale del titolo di studio. Semmai, io mi preoccuperei di più delle leggi che REGOLANO il mondo del lavoro. Perché se è vero che il merito va dimostrato sul campo indipendentemente dal titolo di studio (legale o no che sia), è vero anche che NON si può pagare uno che ha fatto l’Università, 600 € al mese o anche meno. E non dico questo perché un laureato sia più “bello” di un non laureato, ma per la semplice constatazione che lo studio fatto, nel lavoro, viene messo a disposizione del Bene comune e, quindi, l’investimento di tempo, denaro e fatica, va premiato.

A tal proposito, ci si chiede perché il numero dei laureati diminuisca, nonostante tutte le estemporanee controriforme. Ebbene, per capire il perché di questo fenomeno bisogna mettersi nei panni di un 18enne: è logico che sempre meno persone vogliano intraprendere gli studi universitari se sanno che, una volta terminati (a 26-29 anni), prenderanno la stessa paga di un ragazzo di bottega di 15 anni, che non permetterà loro di mantenersi dignitosamente.

Dev’essere prevista una sorta di compensazione e, infatti, lo stipendio legato al titolo di studio serviva proprio ad evitare simili contraddizioni, che alla lunga indeboliscono il Paese, perché lo privano di un importante contributo. Il valore legale esiste in molti paesi, tra cui la Francia. Insomma, se la Sua preoccupazione è che un laureato, oggi, solo perché tale, sia “protetto”, si sbaglia di grosso. Il problema semmai è esattamente all’opposto.

5) Su questo:
““pensiamo a coloro che hanno studiato da autodidatta, sui libri per tanti anni; appassionati della conoscenza ma … impossibilitati il più delle volte per povertà”. Testardi che non si sono arresi alla difficoltà e hanno deciso di percorrere la strada più difficile diretta all’obiettivo.”

mi sa che un pensiero un po’ pindarico! Voglio proprio vederlo uno, che è povero e non può studiare e che quindi deve lavorare per sopravvivere, studiare a tempo perso gl’integrali doppi e la Fisica teorica. Lo studio da autodidatta esiste, ma non sarà mai pari alla preparazione universitaria. A meno che uno non sia un Leopardi, pieno di soldi e che trascorre la vita chiuso in biblioteca per puro amore del sapere, ma non credo sia frequente!

6) Su questo:
“La verità è che: “o si è capaci o si è ignoranti”. Il risultato del valore Legale di un titolo di studio è il seguente: “un Medico di un paese extra comunitario, non può operare sul nostro territorio; eppure ha le stesse competenze di un laureato italiano.”

a me sembra giusto, e mi pare che Lei si contraddica. Da una parte vuole l’abolizione del valore legale, perché proteggerebbe “l’incompetenza”, dall’altra vuole una sorta di estensione del valore del titolo di studio all’intero globo, cosicché uno che è laureato da qualche parte chissà dove in Medicina, possa esercitare anche in Italia.

7) Riguardo a questo:
“In ultimo: ci sono paesi più evoluti del nostro (es. gli USA) dove è possibile ottenere una Laurea attraverso la “valutazione” dell’esperienza o “merito”.

In posti che Lei reputa meno evoluti, ma senz’altro con forti complessi di inferiorità, esiste lo stesso: si chiama “Laurea ad honoris causa”.

8) Su questo:
“Chi assume ha tutti l’interesse ad assumere chi veramente può dimostrare di essere competente; in questi casi la Laurea è l’ultima cosa che può fare la differenza.”

Sul fatto che la Laurea sia l’ultima cosa a far la differenza in caso di assunzione, ha perfettamente ragione nella quasi la totalità dei casi. Ma si badi bene al perché di questo! Una volta, NON era così. Attualmente, oltre il 90% delle imprese italiane non arriva ai 10 dipendenti. Neanche il 2-3% è classificabile come “grande impresa”. In sostanza, la grande industria manifatturiera, ma anche solo quella “media”, sono morte e quel poco che c’è è agonizzante. Si faccia caso ai termini: 20-30 anni fa si parlava di “industriali”, oggi si parla di “imprenditori”. ConfIndustria ormai è una sorta di ConfArtigianato e l’imprenditore è ormai poco più di un negoziante. Le microscopiche imprese italiane -ha ragione in questo-, generalmente non se ne fanno assolutamente NIENTE di un laureato: sono molto più interessate, semmai, all’operaio specializzato.

Ma questo, NON perché la laurea non serva o sia un vuoto contenitore, ma perché è il mondo industriale e produttivo ad essere profondamente cambiato, in molto molto molto peggio! In verità il laureato, oggi, è mediamente una figura professionale sovradimensionata rispetto all’attuale mondo produttivo. E che il mondo produttivo italiano non abbia bisogno quasi per niente di laureati,

NON è per niente un buon segno per l’Italia! Ciò è anche indicativo del fatto che il “grosso” del problema non sia nell’Università, ma nel mondo produttivo e, a sua volta, nella Politica e nella sua deleteria incapacità di pianificare il futuro. (E qui ci sarebbe da discutere parecchio riguardo a persone che vedono riconosciuto il valore legale di essere Onorevole, senza neanche essere state elette… il famigerato Porcellum… e che poi vanno a rompere le scatole a chi la laurea se l’è sudata sui libri per 5 anni).

Comunque sia, quando l’Italia era una potenza economica, i laureati andavano a ruba. Ma i laureati, per potersi esprimere, hanno mediamente bisogno di grandi realtà industriali, che oggi mancano quasi del tutto: non certo di microscopite imprese a conduzione familiare di 3-4 persone! Un laureato in materie scientifiche, oggi e salvo eccezioni, può trovare giusta soddisfazione solo in quel poco che rimane: multinazionali come ENI, Edison, oppure per lo Stato. In caso contrario generalmente si ricade nel punto 2)

9) su questo:
“Una Laurea italiana ha solo valenza in un concorso pubblico, dove quello ciò che conta è, essere in regola con i timbri! Una Laurea italiana è niente: un laureato in Giurisprudenza deve sostenere l’esame di Stato, così dicasi per un Medico o un’Ingegnere; questo vuol dire che il titolo è niente, semplicemente un punto di partenza “indicativo”.”

Infatti, il Concorso pubblico è l’unico (e giustamente unico) modo, per lavorare per lo Stato. E il perché sia giusto, è evidente: si fa un esame. Non è che uno va lì con il suo “pezzo di carta”, e lo assumono. Come dice Lei, bisogna dimostrare coi fatti il proprio valore. E infatti il Concorso pubblico è un esame. Detto questo, mi pare che non sia a conoscenza di alcuni fatti.

1°: anche nei bandi relativi a concorsi pubblici sono spesso richiesti CV che garantiscano esperienza, per cui non è vero che per partecipare basta sempre solo il titolo.

2°: se l’amministrazione che indice il concorso, lo indice per laureati in Giurisprudenza e non in laureati in Filosofia, non è perché è costretta a far così, ma perché CERCA persone laureate in Giurisprudenza e, con il concorso, prendono le migliori e le più capaci. Come dice Lei: la Laurea è solo un punto di partenza, che da sola non garantisce niente.

D’altra parte, se per fare il Commissario bastasse la 3° media, richiederebbero come titolo di studio la 3° media! Cosa crede che cambierebbe abolendo il valore legale del titolo di studio? Pensa che le amministrazioni poi indirebbero concorsi sempre “aperti a tutti”? No: continuerebbero a indire bandi aperti a persone con un certo corso di studi, legale o no che sia il titolo. O crede davvero che l’Italia sia piena di Scienziati pazzi che legalmente hanno solo la 3° media, ma che sono veramente in grado di fare l’ingegnere o il commissario?

Distinti saluti.

Carlo Bartolini

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2 comments
  1. ”è vero anche che NON si può pagare uno che ha fatto l’Università, 600 € al mese o anche meno. E non dico questo perché un laureato sia più “bello” di un non laureato, ma per la semplice constatazione che lo studio fatto, nel lavoro, viene messo a disposizione del Bene comune e, quindi, l’investimento di tempo, denaro e fatica, va premiato”

    Ottimo articolo Carlo (mi permetto di darti del tu se posso :-)), l’ho letto tutto d’un fiato ed ho voluto evidenziare proprio questa frase perchè ad oggi il laureato non viene valorizzato, ed è un gran peccato perchè di menti brillanti in Italia ce ne sono, ma le condizioni nel mondo del lavoro sono assai deprimenti.

    Basta fare una breve indagine e si scopre come all’estero un laureato abbia un valore (ed una paga) molto più alto rispetto che nella nostra amata penisola!!

    Mi auguro che con il tempo, le cose cambino in meglio 🙂

  2. Il valore legale del titolo è una garanzia a differenza del “casino” che vige all’estero tra università statali apporvate e non accreditate, private accreditate da enti di certificazione privati (rischioso), private non accreditate e via dicendo senza parlare di quelle FASULLE …. Spesso basta una licenza come per una attività qualsiasi negli usa per ottenere in via preliminare la possibilità di emettere lauree (state licensing university).
    IMPORTANTE invece sono gli ordini professionali che andrebbero aboliti (queste si che sono lobby) e lasciare che dopo 5 o più anni di studio si possa esercitare e fare le proprie esperienze. In Italia e non solo questo è negato.
    Come al solito per non affrontare i problemi veri si preferisce parlare del contorno inutile. Basta che dopo la laurea sia privatamente deciso il dovuto tirocinio e poi si esercita andando nel mercato per ma Basta e Avanza PER CHI HA VERAMENTE STUDIATO.
    Negli usa c’è un grande casino che regolamenta le università e la legislazione è talmente frammentata che sceglere significa rischare di trovarsi un titolo che vale in uno stato e non in un’altro ! Certo se si possono spendere 30.000 – 40000 $ e si è più o meno capaci allora si va sul sicuro.
    Altro che meritocrazia !!!!

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