Nuova classifica per gli atenei

jan-figel.jpgÈ una febbre mondiale. Picco massimo a giugno-luglio. Ma non si conoscono medicine efficaci ad arrestarne il morbo neanche nel resto dell’anno. È la febbre da “classifica”. Che manda in fibrillazione oramai da anni l’intero sistema universitario mondiale. Una babele d’istituzioni molto diverse tra loro si esibiscono in ciclici ranking perentori. Che si basano su criteri così diversi tra loro da rendere il confronto tra le varie classifiche produttivo quanto quello tra il gusto delle mele e quello delle pere.

“Costruiremo un sistema univoco di valutazione, pronto per essere consultato da chiunque abbia la necessità di scegliere tra le diverse istituzioni di istruzione superiore di tutto il mondo”. È un progetto molto articolato quello descritto in una recente intervista da Jan Figel, commissario europeo per l’istruzione, la formazione, la cultura e la gioventù. “Il progetto nasce per modernizzare il sistema universitario europeo – spiega ancora il commissario – e un sistema moderno è anzitutto un sistema trasparente”. Un’iniezione di concorrenza, ecco la cura che si vuol somministrare per dare uno slancio al sistema accademico del vecchio continente.

“In media, le università europee – parola ancora di Figel – hanno un buon livello, ma non hanno prodotto sufficienti ricerche di livello mondiale”. Da qui, e dall’acuirsi delle differenze tra gli atenei degli stati membri, il bisogno di un incentivo all’evoluzione. Dalle parole, ai fatti. Per raccontarli, eccoci nel maggio del 2009, anno zero del progetto: “Nel maggio di quest’anno la commissione ha firmato il contratto con il consorzio vincitore del bando, lo Cherpa-Network (nel quale, nota a margine, non compaiono soggetti italiani, ndr), che in questi giorni sta già lavorando allo studio di fattibilità e ai vari test del sistema di ranking”.

Ma in cosa si differenzierà questo nuovo sistema europeo da tutti gli altri? “I sistemi di valutazione tradizionali più autorevoli, tipo il Times o lo Shanghai, sono troppo centrati sulle ricerche scientifiche prodotte”. Ne è convinto Figel, che infatti prosegue: “In questo modo da un lato rischiano di perdere di vista i programmi educativi specifici, osservando intere istituzioni formative per volta; e dall’altro escludono dal giudizio le capacità delle università di innovare, di internazionalizzarsi, di rendere i propri studenti richiesti sul mercato del lavoro, o magari di connettersi fortemente con il tessuto sociale nel quale si trovano. La nostra struttura di ranking – conclude il commissario – coprirà, invece, tutti gli aspetti, permettendo agli utenti sia di creare una classifica personalizzata in base alle proprie inclinazioni o interessi, sia di valutare i risultati di un’istituzione nei diversi campi di studio”. Un lavorone. Che, infatti, è stimato in almeno cinque anni. Conseguente, sconsolato interrogativo: basteranno questi cinque anni al sistema accademico italiano a migliorarsi tanto da non farci scrivere tra un lustro: “Nuova classifica che vai, ennesimi ultimi posti che trovi?”.

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