Rapporto Almalaurea, parlano gli studenti: "Un disastro annunciato"

“I dati del rapporto non fanno altro che confermare una tendenza già risaputa – commenta al Corriere dell’Università Alberto Campailla, portavoce nazionale di LINK – Coordinamento Universitario – Al basso numero di immatricolati e laureati, si accompagna una forte mobilità di studenti dal Sud al Centro-Nord italia, colpevoli le insufficienti politiche in materia di diritto allo studio e la campagna mediatica denigrante messa in campo dai meccanismi di ranking dell’Università.”

“A questo si lega indubbiamente la redistribuzione – aggiunge Campailla –  delle risorse tra i diversi Atenei italiani: come evidenziato da Ferrante nel rapporto, i meccanismi di valutazione tout court, standardizzata e che punti alla premialità, stanno massacrando quelle Università che svolgono le loro attività proprio in quei contesti a forte ritardo di scolarizzazione.

Siamo pienamente d’accordo con l’analisi del rapporto che evidenza la forte necessità di risorse aggiuntive per l’intero sistema universitario, ad oggi tra le più basse dei paesi OCSE, e ad una loro redistribuzione che permetta di contrastare il forte divario che va sempre aumentando tra gli Atenei del nostro Paese.”

L’Italia non è un paese che investe nell’istruzioneconclude Campailla – e questo è frutto di scelte miopi, che portano ad un continuo peggioramento delle condizioni degli studenti, ma anche dell’intera popolazione. Riteniamo che l’unico modo per uscire dalla crisi economica, sociale e lavorativa del nostro Paese sia, invece, investire sulla formazione e la ricerca con una particolare attenzione alle aree più deboli del paese, nelle quali l’istruzione superiore deve essere vista come una risorsa in grado di colmare il grande divario che le separa da quelle economicamente più avvantaggiate.”

Dichiara Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell’unione degli universitari: “Dall’indagine Almalaurea emerge chiaramente come il nostro Paese investa troppo poco nell’università, con un costo per laureato che è circa la metà di altri Paesi europei come Francia, Germania, Spagna e Svezia e una percentuale ancora bassissima, appena il 22%, di giovani laureati tra i 25 e i 34 anni. Questa politica porta a squilibri e disparità molto forti anche nell’ingresso lavorativo: sebbene la laurea rimanga uno strumento utile a trovare lavoro, con prestazioni occupazionali nettamente migliori dei diplomati, si evidenzia che i laureati provenienti da contesti familiari e sociali svantaggiati hanno più difficoltà di inserimento, retribuzioni molto più basse e sono molto esposti a lavoro precario e irregolare, entrambi in crescita. In questo senso è rappresentativo il dato che la zona del Paese in cui si è studiato pesa molto di più sulle possibilità occupazionali della regolarità negli studi e che la famiglia di origine determina ancora fortemente il successo formativo e lavorativo. I dati che raccoglie Almalaurea mostrano anche un mercato del lavoro che non premia la conoscenza e le competenze specifiche: abbiamo molti meno impiegati in professioni ad alta specializzazione della media UE, sintomo di un sistema produttivo arretrato che non punta sull’innovazione e si basa su sistemi aziendali e di management familiari”
Conclude Scuccimarra: “Al contrario di quanto sostengono ripetutamente noti opinionisti sulle pagine dei principali quotidiani nazionali, il problema non sono l’inefficienza, l’eccesso di laureati o l’incapacità dell’università a formare competenze spendibili, ma la volontà politica di investire davvero nell’istruzione superiore e nel rinnovamento del sistema produttivo. Le scelte politiche miopi compiute in questi anni sull’università, si riflettono nello sviluppo economico del Paese e accentuano in maniera drammatica le diseguaglianze, con una mobilità sociale ormai inesistente. Il Governo farebbe bene a leggere con attenzione l’indagine Almalaurea, ne trarrebbe gli elementi per comprendere che è indispensabile tornare ad investire nei nostri Atenei, nella formazione post-laurea e in un sistema di diritto allo studio che consenta davvero di ridurre le disparità sociali e perseguire le pari opportunità per tutti gli studenti. E’ anche da questi obiettivi che dipenderà la ripresa e lo sviluppo futuro del nostro Paese”.

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