Perché i ricercatori salgono sui tetti

Lettera dei ricercatori e docenti di Roma Tre al rettore Guido Fabiani sulle motivazioni del no al ddl Gelmini

Pubblichiamo di seguito la lettera dei ricercatori  e docenti di Roma Tre che ci è pervenuta in redazione.
I recenti interventi del rettore Guido Fabiani sul Riformista (27-11-2010) e sul Messaggero (1-12-2010) hanno benedetto il varo della riforma Gelmini in anticipo sul voto alla Camera. Proprio in quelle concitate ore altri rettori e altre università – è bene ricordare che il sostegno al provvedimento è tutt’altro che unanime in seno alla CRUI – si univano ad una protesta nata dentro la componente dei ricercatori e presto assunta da quella studentesca.
Gli interventi del rettore di Roma Tre meritano, pertanto, una risposta puntuale da parte di coloro che, dentro il terzo ateneo capitolino, hanno lavorato in questi mesi a coordinare l’opposizione al DDL.
Innanzitutto, ricordiamo al rettore che i ricercatori della Rete 29 Aprile sono saliti sui tetti non solo per protestare, ma per dare visibilità alle proposte presentate da mesi che offrono un quadro complessivo di riorganizzazione dell’università, fra cui: un governo dell’università realmente rappresentativo di tutte le componenti (e non centrato sulle alte gerarchie come previsto dal DDL); una riforma adeguatamente finanziata del diritto allo studio; una soluzione condivisa del problema dei precari che preveda un contratto unico pre-ruolo con reali garanzie di assunzione al termine del percorso; l’introduzione del ruolo unico della docenza, il solo efficace strumento di lotta alle baronie.
Ma veniamo alle questioni poste da Fabiani: tempo e denaro. Due anni: tanto è durata la gestazione del testo di legge e altrettanto rischia di volerci perché la riforma si dispieghi nei 147 decreti attuativi previsti. Zero euro: questo l’investimento che il governo ha deciso di stanziare per una legge ispirata al reiterato mantra “senza maggiori oneri per lo Stato”.
In quanto al tempo trascorso, chi lamenta la mancata discussione in corso d’opera della riforma, come ha contribuito alla sua preventiva pubblicizzazione e negoziazione? Di appelli al pubblico confronto il rettore è destinatario – in merito al controverso progetto della Fondazione privata Cestia, per esempio – più che mittente.
Venendo al denaro, il rettore si chiede come competere con chi, per tradizione (Francia, Germania) o per prepotente impulso della new economy (i “paesi emergenti”), investe oggi in ricerca e alta formazione. Noi chiediamo se sia pensabile farlo a costo zero, visto che il Governo ha effettuato un taglio di 1350 milioni di euro al fondo di finanziamento ordinario del 2011, solo parzialmente reintegrato dai circa ottocento milioni promessi da Tremonti.
Nello specifico, i nuovi ricercatori diventeranno associati dopo otto anni di precariato non solo “se conseguono l’abilitazione”, condizione necessaria e non sufficiente all’assunzione a tempo indeterminato, ma di nuovo se l’università avrà provveduto per tempo a stanziare la relativa partita stipendiale, ciò a cui la legge appena varata non vincola e che le ristrettezze economiche renderanno arduo.
Quanto ai tagli in “finanziaria” – prima e unica colpevole, secondo Fabiani, della “decimazione” dei docenti e della “precarizzazione” dei ricercatori che dunque egli stesso prevede – lungi dal risultare “indiscriminati” rispondono a una prospettiva ideologica di umiliazione della cultura e dell’istruzione.
Né era lecito attendersi, da un ministro distintosi per aver inaugurato l’anno accademico del CEPU, qualsivoglia forma di resistenza a un disegno finanziario e politico deliberatamente volto a punire l’università pubblica.
Infine, siamo d’accordo con il rettore quando apprezza che il DDL ponga un “limite al mandato dei rettori” (Il Messaggero). Ci chiediamo però come mai abbia accettato di essere candidato per la quarta volta rettore, nonostante l’ultimo mandato fosse a cavallo del suo pensionamento, totalizzando così quattordici anni alla guida di Roma Tre.
Ricercatori e docenti in mobilitazione contro il DDL Gelmini

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