Merito, impegno e no al “buonismo educativo”: “la scuola dei talenti” che sogna il ministro Valditara nel suo nuovo libro

Così il ministro del’Istruzione racconta la sua visione dell’educazione italiana

Merito, impegno, talento. Sono questi i pilastri che il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, pone a fondamenta del suo operato richiestogli in questo governo a traino centrodestra. “La scuola dei talenti”: è questo il tipo di istituzione educativa che intende costruire finché è chiamato alla guida del dicastero di Viale Trastevere. E così ha deciso di intitolare anche il suo ultimo libro, pubblicato da Piemme. D’altronde, la scelta di cambiare da subito il nome del dicastero, da Ministero dell’Istruzione a Ministero dell’Istruzione e del Merito, è stato il primo segnale inequivocabile di questa direzione. Un passaggio che, tuttavia, si è rivelato indigesto a molti.

Scuola e merito

Una fetta di scuola ha temuto che si stesse per tracciare un sentiero che portasse a un nuovo sistema dove la scuola favorisce la valorizzazione o “selezionare” i migliori e i più capaci, minando così il principio di uguaglianza di cui l’educazione dovrebbe farsi promotrice. I pedagogisti sono saltati sulla sedia: mezzo secolo di studi a favore di un approccio flessibile e adeguato ai bisogni formativi e alle esigenze educative e psicosociali di ogni alunno non può essere sintetizzato così facilmente nel concetto di Merito. Soprattutto se l’ottica è che sia il merito a definire l’istruzione, anziché il contrario.

“Il merito consiste nel tirar fuori i propri talenti e abilità”, scrive il ministro tra le pagine del suo libro. Un’operazione di cui deve farsi protagonista la scuola che, citando Socrate, deve svolgere quindi – spiega lo stesso Valditara – “un’azione maieutica”. Valorizzare e orientare le potenzialità degli studenti, a cui “si chiede in cambio impegno, diligenza, perseveranza e responsabilità”. Una scuola “su misura”, dice il ministro. Ma – precisa – “non elitaria”. Come? Ad esempio, con l’introduzione del docente tutor e del docente orientatore che a dicembre 2022 è sbarcato tra le mura scolastiche italiane. Tuttavia, va ricordato che si tratta ancora una volta di un’operazione che non ha trovato consenso unanime nel mondo della scuola, con i sindacati che l’hanno accusata di essere “divisiva dell’unità e dell’organicità del corpo docente e dell’intera comunità educante”.

Salute mentale? “La scuola non è un consultorio”

“La cultura del vietato vietare, il ripudio del concetto di disciplina, l’affievolimento del timore della sanzione, l’annichilimento del principio di autorità, una società sempre più individualista”. Sono solo alcuni degli aspetti che, secondo Valditara, si sono insinuati nella contemporaneità provocando il proliferare di comportamenti devianti tra i più giovani. La risposta, a suo avviso, non è “un certo buonismo educativo” che punta “all’eliminazione delle valutazioni”, ma il ripristino della “cultura del rispetto”, dove la legalità fa da padrona. A questo proposito, ci tiene a fare una precisazione, che sembra anche una risposta alle proteste e occupazioni degli studenti che da mesi chiedono un’attenzione maggiore nei confronti del loro benessere psicologico, vittima di – citando i loro recenti comunicati – “un ambiente troppo competitivo che premia il merito dimenticando stress e ansia sempre più diffusi nell’ambiente scolastico”. Non usa mezzi termini il ministro, e replica: “La scuola non è un ospedale o un consultorio. Non è deputata a effettuare trattamenti di cura psicologica. La scuola istruisce e educa. Semmai ha il compito di denunciare alle famiglie casi di disagio o criticità comportamentale”. Per questo motivo, aggiunge, “è opportuno che ogni ufficio scolastico provinciale abbia uno sportello psicologico al servizio della scuola e degli studenti”.

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