Lettera della rete 29 aprile ai rettori

A seguito della mobilitazione dei ricercatori rispetto alle condizioni previste per la loro categoria dal disegno di legge Gelmini, si è costiuita la rete 29 aprile, data dell’assemblea tenutasi lo scorso aprile a Milano con i rappresentanti, a livello nazionale, dei ricercatori, 300 partecipanti e 35 atenei coinvolti.
Ultimo documento, espressione della volontà della rete 29 aprile, una lettera aperta ai rettori delle università italiane. Tra le richieste, regole certe per la carriera, e un cda che sia espressione di tutte le componenti dell’università.
In gioco non c’è il riconoscimento della loro attività sia di didattiche che ricerca, non un immediato passaggio di categoria: “Non protestiamo per diventare tutti professori associati dall’oggi al domani, ma per avere regole certe per la progressione di carriera, sia per i professori a tempo indeterminato attualmente in servizio sia per i ricercatori precari che ancora affollano l’università italiana”.
. La Rete non è contraria all’introduzione della figura del ricercatore a tempo determinato, «ma – osserva – a due condizioni: che esso assorba tutte le figure precarie attualmente esistenti (assegnisti, ricercatori a contratti, docenti a contratto, borsisti post-dottorato ecc.); che all’atto del bando di un posto di ricercatore a tempo determinato, l’università proponente prenda l’impegno di accantonare la somma necessaria per trasformare tale figura in un posto di professore associato di ruolo alla scadenza del periodo di sei anni (periodo previsto anche dal ddl Gelmini)».
Inoltre, si richiede il riconoscimento del ruolo docente svolto da almeno quindici anni dai ricercatori “non è un problema risolvibile con la medaglia di cartone del titolo di professore aggregato, così come non è accettabile proporre che i ricercatori diventino tutti professori di terza fascia con ope legis”
Richiamo preciso alla governance: “Senza il riconoscimento del carattere democratico e rappresentativo degli organi di governo dell’università non si va da nessuna parte. Solo all’interno di un Consiglio di amministrazione che sia espressione di tutte le componenti dell’Università può avere un senso inserire membri esterni”.
Progressione di carriera e istituzione libera da condizionamenti è una meta doverosa per ogni ente e in particolare, per chi è deputato a formare i professionisti del domani.

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