Italiani sedotti dall’imprenditoriaIl nuovo sogno made in Italy

imprenditore1h.jpgIl camice bianco e la toga scendono nella classifica dei lavori più ambiti. Altro che benessere e cultura, gli italiani non si accontentano e puntano al massimo. O meglio si dirigono verso il dio denaro. Entra così nelle aspirazioni e nei sogni italiani il lavoro dell’imprenditore. Meno vincoli, più autonomia e, per chi è fortunato, incassi da capogiro.

Pecunia non olet, sottolineava Vespasiano al figlio Tito, e a farne tesoro della frase sono i più giovani. Mentre infatti il medico e l’avvocato riescono ancora a mantenere i primi posti della classifica dei lavori più ambiti, cadono a picco il mestiere del magistrato, del docente universitario e dell’insegnante. Il comune denominatore in fondo parla chiaro: lo stipendio fisso non basta e sugli ideali prevale il denaro.

A dimostralo è un rapporto sui mestieri del futuro, presentato in Trentino nella giornata conclusiva della quinta edizione di VeDrò, pensatoio bipartisan di politici, professionisti e imprenditori quarantenni, nato da un’idea di Enrico Letta, Giulia Bongiorno e Angelino Alfano. A realizzarlo Alberto Castelvecchi, linguista ed editore, e Monica Fabris, sociologa e presidente della Gpf, società che ha condotto la ricerca, con la Castelvecchi Consulting.

Ad essere presi in esami sono stati 2.500 casi italiani di persone tra i 18 e i 74 anni e trenta colloqui motivazionali. A determinarne l’aspirazione, così come per i mestieri di medico ed avvocato, sono “forti prospettive di guadagno personale” a cui per l’imprenditore si associa anche la “compartecipazione ai destini dell’azienda”. Lo stipendio fisso determina invece il calo per insegnanti, docenti e magistrati. È un declino tutto italiano, dice il rapporto.

I nuovi mestieri, dal tecnologico all’artigianale, intanto portano centinaia di nuovi nomi, dal broker di mutui leggeri e ri-assicurazioni, alla guida speleologica urbana, passando per l’animatore virtuale. E a proposito, la web economy risulta ormai un dato definitivo. Emerge un quadro complessivo in movimento, a cui gli autori del rapporto si sentono di dare la prospettiva di “buona ventura”. Altro dato generale è una nuova realtà, che soppianta il sommerso, il vecchio lavoro in nero: è il secondo lavoro. Contamina il primo e lo integra, in un misto continuo.

Il rapporto, per questo, parla di “discronia” e assegna alla politica il compito di portare una “sincronia virtuosa”, per creare regole nuove e mantenere le garanzie dei diritti. Gli autori della ricerca individuano nella politica anche il soggetto che, “oltre a realizzare degli interventi-tampone in tempi di crisi della finanza, deve preservare la legalità e la libera competizione, evitando spreco di ricchezza e attrito sociale ed etnico”.

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