Laureati italiani esclusi dalla Gran Bretagna, la ministra Messa difende i nostri atenei: “Penalizzati da certe classifiche”

La ministra dell’Università interviene sul caso dell’esclusione degli atenei italiani dalla lista degli atenei eccellenti i cui laureati potranno avere un premesso speciale per trovare un lavoro in UK. “I ranking si basano su criteri difficili da soddisfare. Anche noi abbiamo studenti ad alto potenziale”.

“I ranking si basano su criteri che per le università italiane sono difficili da soddisfare. Ma non vuol dire che non abbiamo studenti ad alto potenziale, come sono definiti dalla proposta inglese”. La ministra dell’Università Maria Cristina Messa cerca di difendere il sistema degli atenei italiani dopo la bocciatura di ieri da parte del governo inglese che ha escluso le università nostrane dall’elenco di quelle accreditate per concedere ai propri laureati un visto speciale per poter entrare in Gran Bretagna e cercare un lavoro. Una decisione che ha scatenato una marea di polemiche e fatto fare una pessima figura agli atenei italiani, evidentemente considerati “non all’altezza” degli altri istituti universitari d’eccellenza sparsi per il mondo.

La ministra Messa però, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera oggi in edicola, cerca di smorzare le polemiche cercando di ridimensionare la scelta del governo britannico che ha basato tutto su classifiche internazionali che non sono mai state particolarmente benevole nei confronti delle nostre università. “Innanzitutto c’è da sottolineare che i visti per chi ha una proposta di lavoro o di ricerca, o per studiare all’università, non cambiano. I nostri atenei non sono compresi in questa graduatoria speciale, che non so quanto sia aggiornata rispetto all’ultimo anno. Ed è un elenco che si basa sui ranking universitari, dove ai primi posti ci sono atenei particolarmente forti e costosi per ragazzi e famiglie e dove il rapporto tra docenti e studenti è ben diverso da quello italiano – ha spiegato la ministra – Anche gli altri Paesi europei hanno tutt’ al più un’università in elenco. Anzi, per la Francia si tratta di un’École (Scienze e Lettere di Parigi, l’ex École normale supérieure) che fa parte del sistema d’élite. In Germania c’è solo l’Università di Monaco”.

Classifiche, dunque, che per la ministra dell’Università non possono, e non devono, essere prese per oro colato “I ranking sono cresciuti soprattutto dopo l’ingresso nel mercato universitario degli atenei cinesi – ha puntualizzato ancora – Per storia e per struttura, noi siamo svantaggiati rispetto ai parametri che usano, anche se non abbiamo una qualità inferiore. Questo non vuol dire che non dobbiamo comunque lavorare per migliorare la nostra posizione nei ranking. Per questo abbiamo previsto un piano straordinario di assunzioni di docenti. Stiamo lavorando su attrattività, premialità, mobilità di professori e studenti e internazionalizzazione. Lo facciamo finanziando gli atenei e riformando alcune regole. Il governo ha varato un piano di forte impatto di cui si vedranno presto i risultati. Ma già ora, nelle classifiche in cui le nostre università sono valutate con parametri più di dettaglio, per esempio a livello di dipartimento, ci sono eccellenze. Penso al Politecnico per Ingegneria e alla Sapienza per gli studi classici”.

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