La ricerca dell’Università di Roma Tre per rendere più sostenibile la riqualificazione degli edifici

Il ricercatore Luca Evangelisti: “Bisogna investire di più in ricerca e rendere i fondi strutturali. Oggi la collaborazione tra Atenei è fondamentale”

Negli ultimi anni, spinti dal cambiamento climatico in atto, si è accelerato il processo di efficientamento energetico del tessuto urbano italiano, cercando di renderlo energeticamente e ambientalmente più sostenibile. La ricerca da questo punto di vista è un tassello fondamentale per arrivare a tale obiettivo, soprattutto in un Paese come il nostro dove la maggior parte degli edifici hanno una vita datata. Una ricerca del prof. Luca Evangelisti, del Dipartimento di Ingegneria Industriale Elettronica e Meccanica dell’Università degli Studi di Roma Tre, finanziata con fondi “Prin”, si prefigge di proporre una nuova tecnica diagnostica strumentale non distruttiva per misurare con un sistema innovativo la resistenza termica di parete degli edifici.

La ricerca sulla resistenza delle pareti

“In Italia abbiamo la necessità di riqualificare un tessuto urbano piuttosto vecchio ed energivoro – dichiara a Corriereuniv.it -. Per proporre interventi di retrofit energetico abbiamo la necessità di caratterizzare termicamente i pacchetti murari degli edifici, comprenderne le prestazioni e ciò significa valutare, anche sperimentalmente, la capacità isolante delle pareti attraverso un coefficiente di scambio termico globale noto come “resistenza termica”. Nel caso di nuove costruzioni – spiega il professore – la resistenza termica può essere calcolata poiché i materiali e le loro proprietà termofisiche sono note, nel caso invece di un edificio esistente, costruito magari sessant’anni fa, la probabile assenza di documentazione tecnica relativa alla composizione stratigrafica della parete unita ad un invecchiamento dei materiali possono rendere difficile l’identificazione di una corretta resistenza termica di parete. Fondamentalmente, ciò significa trovarsi di fronte a pacchetti murari di cui si conosce poco o nulla. In questi casi, le misure in situ diventano fondamentali”.

Le attuali tecniche di misurazione, però, possono prevedere un numero elevato di sensori e presentare alcuni problemi dal punto di vista metrologico e operativo, come evidenziato in letteratura. Le attuali tecniche prevedono inoltre l’istallazione di sensori a diretto contatto con le pareti, come ad esempio i sensori di flusso termico o i sensori di temperatura superficiale, che necessitano l’uso di adesivi o paste termo-conduttive. La conseguenza potrebbe essere quella di danneggiare la parete, un rischio non da poco se si pensa ad esempio al numero di edifici che in Italia sono sotto vincolo dei Beni Culturali.

Come verranno fatti i test

“Il nostro progetto – rivela Evangelisti – prevede di sviluppare un metodo termometrico avanzato basato su un’elaborazione automatizzata dei dati acquisiti, eseguita dal sistema di misura stesso, in grado di quantificare gli scambi termici convettivi e radiativi in funzione delle specifiche condizioni al contorno. Per fare ciò sarà necessario migliorare l’impostazione originale del metodo termometrico combinando sensori specifici e sviluppando un software in grado di elaborare i dati per calcolare in modo indipendente i coefficienti di scambio termico totale e quindi i flussi di calore che attraversano le pareti. Il sistema di misura consentirà inoltre di fare tutto questo senza contatti diretti con la parete oggetto di indagine, evitando così eventuali possibili danneggiamenti”.

L’idea nasce dalla collaborazione con l’Università degli Studi dell’Aquila, con il professor Dario Ambrosini come responsabile di unità di ricerca, e con l’Università Niccolò Cusano, responsabile di unità di ricerca il professor Salvatore Monteleone. Ma come avverrà nei fatti l’esperimento? “Metteremo a sistema specifici sensori: considerando una parete perimetrale di un edificio, nell’ambiente interno utilizzeremo un anemometro, per misurare la velocità dell’aria in prossimità della superficie interna della parete, un sensore di temperatura dell’aria ed un sensore di temperatura a infrarossi, per misurare la temperatura superficiale della parete senza contatto; mentre all’esterno utilizzeremo un sensore di temperatura dell’aria. Il tutto sarà collegato ad un data logger”, spiega Evangelisti. “Sarà quindi necessario un software dedicato per elaborare in maniera automatica i dati acquisiti, al fine di poter applicare la teoria dei gruppi adimensionali per la valutazione degli scambi termici convettivi. L’acquisizione dei dati relativi alle temperature superficiali della parete e l’impostazione dell’emissività dello strato interno della parete consentiranno inoltre l’identificazione dei coefficienti di scambio termico radiativo. Potrà così essere computato il flusso termico che attraversa la parete per via indiretta e sarà quindi possibile ricavare la resistenza termica attraverso misurazioni che non danneggiano la parete”.

“Come Roma Tre siamo stati i primi ad ipotizzare un approccio di questo tipo e a differenza di quanto presente in letteratura vogliamo proporre un sistema che lavori autonomamente, senza la necessità di complesse analisi dati a posteriori”, afferma il professore. Ma la collaborazione tra Atenei è fondamentale. “Non potremmo fare questa ricerca senza le competenze scientifiche e gli strumenti del gruppo dell’Università dell’Aquila, grazie al suo apparato Hot-Box che consentirà di eseguire prove in ambiente controllato, oppure senza le competenze del professor Monteleone, dell’Università Niccolò Cusano, per la realizzazione di un software in grado di gestire e mettere a sistema tutti i dati acquisiti. La collaborazione è imprescindibile, come anche lo è aumentare assolutamente il finanziamento alla ricerca in Italia perché senza l’acquisto di strumentazione e l’assunzione di personale non si potrà andare avanti. E penso che tutto ciò dovrebbe essere fatto in maniera più strutturale”.

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