Roma3 ricordala tragedia di Bhopal

Sono passati esattamente 25 anni da quel terrificante 2 dicembre 1984, quando tutto il mondo dovette assistere in silenzio alla tragedia umana e ambientale consumatasi a Bhopal, in India. Una tragedia dovuta all’inadeguatezza di un sistema industriale troppo negligente verso la sicurezza dei lavoratori. Quel 2 dicembre 1984 decine di tonnellate di isocianato di metile, un agente chimico altamente tossico usato per la produzione di pesticidi, ed oltre 12 mila chili di reagenti chimici fuoriuscirono dallo stabilimento della Union Carbide di Bhopal causando la morte di circa 10.000 vittime nei giorni immediatamente successivi alla tragedia, e di altre 15.000 persone nei 20 anni successivi. Ancora oggi centinaia di migliaia di persone continuano a soffrire per il disastro ed i sopravvissuti sono ancora in attesa di un risarcimento.
Nella giornata del 5 novembre, presso l’ateneo di Roma 3, è stato organizzato un convegno per ricordare la tragedia di Bhopal e denunciarne ancora oggi le ingiustizie e i mancati risarcimenti. L’incontro, inoltre, è stato voluto in particolar modo per stimolare i giovani verso quel che si definisce “consumo etico”, unica ma potente arma in mano al consumatore, con la quale si possono respingere quelle aziende che risparmiano sulla sicurezza per incrementare il profitto e che, calpestando i diritti umani, sono la causa di molte tragedie umane e ambientali del nostro tempo. Il professore di Economia e Gestione delle imprese, Carlo Alberto Pratesi, ha introdotto e moderato il dibattito specificando, innanzitutto, la definizione di “sostenibilità delle imprese”: l’azienda è sostenibile quando, nel produrre beni per la società, non arreca danni alla stessa. Il professore ha specificato come nelle aziende, di fatto, sia assente un settore che si occupi della sostenibilità dell’impresa e di quanto la trasversalità del problema ambientale sia complicata da racchiudere in un settore aziendale o anche solo in una materia universitaria da insegnare: “Il problema – ha affermato Pratesi – è che i problemi che stiamo trattando hanno una ricaduta su vari settori di solito separati, collegano la medicina con i diritti umani, le imprese con l’ambiente”. L’animo che il convegno si è imposto di avere, dunque, è stato quello di mettere attorno a un tavolo tutti i settori mediante i loro principali rappresentanti.
Su questi presupposti la parola è passata al ricercatore e professore di Economia dello sviluppo, Salvatore Monni che, spingendo verso una visione ottimistica, ha puntato l’attenzione sul consumo etico. Meno ottimistico e un po’ più irato, invece, è stato l’intervento di Riccardo Noury, della Sezione Italiana Amnesty International. Noury ha denunciato senza mezze misure lo scandalo che coinvolge il governo indiano e le imprese implicate nella tragedia di Bhopal. “Venticinque anni – ha affermato il rappresentante – sono tanti perché si rischia di dimenticare. I tempi della verità e della giustizia tendono a non coincidere con i tempi della memoria. Bhopal segna ancora oggi delle conseguenze sui cittadini e nessuno è stato risarcito a pieno: tutto il tempo che è passato è semplicemente inaccettabile”. Noury ha parlato poi di governo e aziende: “Gli attori principali dello scandalo sono due: le aziende e il governo dell’India. Il governo è inattivo: non ci sono inchieste, accertamenti, processi, non si bonificano i luoghi della tragedia, non si risarciscono le vittime che continuano ad avvelenarsi con acqua e cibo contaminato. Per quanto riguarda le aziende, la loro arroganza è inaudita: la Union Carbide e Dow Chemical investono più soldi nelle agenzie di pubbliche relazioni che nel risarcimento delle vittime. Non fanno che cercare mezzi per “fregare” le vittime di Bhopal”.
Dai diritti umani la parola è passata ai difensori dell’ambiente, con l’intervento di Alessandro Giannì, Ufficio Campagne di Greenpeace che con una presentazione suggestiva ha sostenuto la tesi che le responsabilità delle imprese non sono inferiori a quelle dei governi. L’intervento successivo è stato forse il più sentito, il racconto di Bhopal da chi a Bhopal ci vive: Sathyu Sarangi, Amministratore della Sambhavna Clinic di Bhopal. “È molto bello – ha esordito Sarangi – che Greenpeace Italia si ricordi ancora di Bhopal visto che la Greenpeace indiana non lo fa più. Sono oltre centomila le persone cronicamente malate a Bhopal e non sappiamo per quante altre generazioni tutto questo continuerà. Ma c’è anche un altro disastro in atto tutt’oggi: lo smaltimento di sostanze tossiche vicino le fabbriche”. Sarangi ha poi sottolineato il fatto che il disastro era stato previsto da alcune verifiche effettuate ma che nessuno ha mosso un dito per migliorare la sicurezza della fabbrica.
Al convegno hanno partecipato anche Raffaele Guariniello, Coordinatore del gruppo Sicurezza del lavoro della Procura di Torino, che ha messo sul tavolo il problema, questa volta tutto italiano, degli effetti dell’esposizione all’amianto sui lavoratori, e Biagio De Marzo che invece ha parlato dell’inquinamento di Taranto. La questione della città pugliese è a dir poco tragica. Dagli stabilimenti industriali di Taranto fuoriesce il 93% di tutta la diossina prodotta nel nostro paese, il ché la elegge città più inquinata d’Italia.
L’ultimo intervento della giornata è stato quello di Giorgio Fornoni, giornalista e curatore di inchieste per la trasmissione “Report”: Fornoni ha dedicato il suo intervento al disastro ambientale che lo sfruttamento del petrolio ha causato nel delta del Niger.

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