Impossibile mentire. Anche le bugie hanno impronte digitali

bugie impronte digitali

Anche le bugie hanno delle ‘impronte digitali’ che permettono di smascherare chi mente. Quanto non si dice la verita’, infatti, nel cervello si accendono aree particolari che con tecniche di imaging neurale possono essere fotografate mentre sono all’opera. La scoperta porta la firma di Alice Proverbio, Maria Elide Vanutelli e Roberta Adorni del Dipartimento di psicologia dell’universita’ di Milano-Bicocca.

La metodica sperimentata dal team ‘rosa’ promette di essere ancora piu’ affidabile della tradizionale macchina della verita’, e una tecnica simile e’ gia’ stata utilizzata per risolvere due casi di omicidio negli States. Dalla ricerca italiana, pubblicata su ‘Plos One’, risulta che le zone del cervello elettricamente piu’ attive nella costruzione della menzogna sono le regioni frontale e pre-frontale dell’emisfero sinistro e la corteccia cingolata anteriore.

“Attraverso un approccio di studio basato sull’elettrofisiologia cognitiva – riferisce Alice Proverbio, professoressa associata di psicobiologia e coordinatrice della ricerca – siamo in grado di vedere come reagisce il cervello di una persona quando riconosce qualcosa di familiare. E’ come se l’attivita’ bioelettrica derivante dall’attivita’ cerebrale esclamasse un ‘Aha!'”.

Inoltre, e’ possibile stabilire quando una persona sta mentendo perche’ il cervello produce una risposta bioelettrica inconfondibile, chiamata N400, che riflette il tentativo di sopprimere l’informazione riconosciuta come vera. Lo studio e’ stato condotto su 25 studenti universitari volontari, 12 maschi e 13 femmine, ai quali sono state sottoposte 296 domande bilanciate per argomento e tipo di informazione. Le domande comprendevano anche dati, fatti e comportamenti personali conosciuti da ciascun partecipante. Per ogni risposta e’ stata impartita la specifica istruzione di mentire o dire la verita’. E’ stato utilizzato un paradigma innovativo – sottolineano dalla Bicocca – che simula la situazione stressante dell’interrogatorio, con domande anche imbarazzanti o su temi delicati. Durante le risposte, i volontari hanno indossato speciali cuffie con 128 rivelatori che registravano l’attivita’ elettrica del cervello.

“Rispetto alla macchina della verita’, che si basa sulla misurazione di aspetti fisiologici come sudore e battito cardiaco per individuare chi mente – puntualizza Proverbio – il metodo basato sulla registrazione dell’attivita’ elettromagnetica misura anche l’effetto cerebrale delle emozioni provate durante l’interrogatorio. L’attivita’ mentale, misurata attraverso le variazioni elettriche delle risposte cerebrali, e’ un indicatore molto piu’ affidabile di quella solo periferica”. Una tecnica simile, chiamata ‘brain fingerprinting’, e’ stata usata negli Usa dallo studioso Lawrence Farwell in due processi per omicidio (i casi Grinder e Harrington), e ha portato a modificare le sentenze, aiutando a individuare il vero colpevole nel primo caso e a scagionare il presunto assassino nel secondo. Nello studio della Bicocca e’ emerso anche che, se e’ sempre possibile individuare i bugiardi per via della ‘corrente’ N400, chi prova ansia per domande stressanti, oppure e’ accusato ingiustamente, mostra una reazione emotiva simile ai mentitori, che ingannerebbe la macchina della verita’. Questo, avvertono dall’ateneo milanese, “mette in guardia da un uso sprovveduto di indicatori fisiologici non cerebrali”.

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