Il numero chiuso a Medicina? Adesso c’è anche una petizione per difenderlo

Su Change.org arriva la raccolta firme per mantenere l’accesso limitato alla facoltà di Medicina e Chirurgia: in meno di 24 ore ha già raccolto più di mille adesioni.

Viva il numero chiuso. Dopo la petizione online per l’abolizione del numero chiuso a medicina su Change.org (petizione che in 48 ore ha raccolto oltre 30mila firme), sulla stessa piattaforma è stata
lanciata la contro-petizione del “Comitato numero giusto” per difendere i test d’ingresso alla facoltà, che in poche ore ha già raccolto 1000 firme. Rivolta al ministro dell’Università e Ricerca, Anna Maria Bernini, la petizione sottolinea come “il nostro sistema sanitario nazionale è in profonda crisi. In questa situazione pensiamo che aumentare il numero di posti è sostanzialmente un gesto simbolico, più facile che – spiegano i promotori – aumentare la spesa sanitaria permettendo per esempio di sbloccare le assunzioni, per mostrare un’apparente volontà di risolvere i problemi”.

Per i sostenitori della petizione e del numero chiuso in Italia non c’è una carenza assoluta di medici ma relativa. “Se i medici quindi ci sono perché non stanno negli ospedali? Perché il definanziamento della sanità pubblica ha portato sostanzialmente le strutture sanitarie verso la bancarotta obbligandole a razionare le risorse e, tra le altre cose, a bloccare le assunzioni. In questa situazione, con un sistema pubblico fermo e debole molti professionisti vengono quindi portati via verso il privato o paesi esteri” sottolineano gli autori dell’appello.

“Andare contro il numero chiuso significa ridurre prima di tutto la qualità della formazione: già nelle università pubbliche si raggiungono numeri tali da rendere lo svolgimento di tirocini e attività didattiche molto più difficili rispetto a università meno affollate, spesso di natura privata. Inoltre, un eccesso di medici determinerebbe una seconda pletora con prevedibili difficoltà nell’accesso ai programmi di specializzazione e nell’inserimento nel mondo del lavoro. Tutto questo ci sembra sia solo un modo per far finta di risolvere i problemi” concludono.

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