Facoltà per facoltà, una panoramica sul “futuro che ti aspetta”: un utile vademecum per affrontare al meglio la scelta del percorso universitario. Nella nostra Guida in edicola troverete inoltre: tutti i corsi di laurea, le città dove studiare, gli obiettivi formativi, gli sbocchi occupazionali e i profili preferiti dalle aziende.
“La laurea in Scienze Motorie: un percorso universitario senza sbocchi professionali garantiti”: questo il tema di un recente convegno organizzato presso la sede del corso di laurea in Scienze Motorie di Padova lo scorso maggio. Un titolo piuttosto eloquente che non lascia spazio a facili ottimismi. E che si riflette nell’indice “di gradimento” espresso dagli stessi laureati nel 2007, decisamente soddisfatti del percorso solo per il 24,5% rispetto al 28% emerso dal precedente rapporto Almalaurea.
Tre le problematiche principali legate al percorso di studi. Anzitutto, l’inquadramento legislativo della figura del dottore in Scienze Motorie e le difficoltà di inserimento nel mondo lavorativo. Sebbene il 95,6% dei laureati intervistati avessero già avuto esperienze professionali prevalentemente coerenti con il percorso universitario durante gli studi, è innegabile che buona parte di tale percentuale riguardi lavori a tempo parziale (50,6%) o peggio, impieghi occasionali, saltuari e stagionali (21%).
La questione considerata più spinosa dagli addetti ai lavori è l’equipollenza tra la laurea in Scienze Motorie e quella in Fisioterapia. Se da un punto di vista tecnico–professionale il ruolo di questi laureati è oggi facilmente individuabile, avendo essi ampie competenze relative alle caratteristiche funzionali del muscolo, a oggi l’inquadramento del loro ruolo professionale resta di difficile definizione dato che non è stata ancora varata una specifica normativa a livello nazionale. In attesa di una sua definizione, considerata ormai improcrastinabile, è stato necessario fissare dei confini più o meno mobili all’interno dei quali il laureato in Scienze Motorie possa effettivamente muoversi.
Innanzitutto sul piano strettamente medico-legale, va fatta una distinzione tra l’eventuale attività professionale svolta in modo individuale e quella invece svolta all’interno di una struttura organizzata. Nel primo caso la lacuna legislativa rende più sfumati e incerti i confini operativi e di conseguenza minori possibilità di tutela. La principale linea guida resta quella di non incorrere nel reato di “abuso della professione”.
Appare invece sicuramente più definibile il ruolo che il laureato in Scienze Motorie può svolgere all’interno di una struttura organizzata. In questo ambito si pone però un problema di inquadramento contrattuale. È allo studio l’attuazione di un “CCNL applicato agli impianti sportivi”, che rappresenta un tipo di contratto a tempo indeterminato con inquadramento al III livello e che può essere stipulato all’interno di strutture riabilitative ambulatoriali private.
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