Facoltà per facoltà, una panoramica sul “futuro che ti aspetta”: un utile vademecum per affrontare al meglio la scelta del percorso universitario. Nella nostra Guida in edicola troverete inoltre: tutti i corsi di laurea, le città dove studiare, gli obiettivi formativi, gli sbocchi occupazionali e i profili preferiti dalle aziende.
La condizione occupazionale degli “umanisti”, come risulta dall’ultima indagine Almalaurea, sfata il “mito” che i titoli nell’area studi in Lettere, Storia e Filosofia rappresentino delle “lauree deboli” dal punto di vista degli sbocchi occupazionali, a fronte di titoli più spendibili nel mercato del lavoro quali quelli nelle materie tecnico-scientifiche.
In realtà questo “luogo comune”, ormai consolidato nell’immaginario collettivo, che dipinge i laureati in materie umanistiche come “dottori e disoccupati” non trova un riscontro così puntuale nella realtà. Il tasso di occupazione dei neolaureati – come emerge dalla ricerca – nei corsi di laurea nell’area degli studi considerata è leggermente più basso di quello del complesso dei laureati (53,9% contro 56,6%).
Mentre a tre anni dalla laurea tale svantaggio è almeno in parte recuperato: lavora, infatti, il 75,5% dei laureati contro una media generale del 77,1%, e una media della facoltà di Lettere e Filosofia pari a 79,5%. A cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione del corso di laurea in Lettere (79,3%) rimane sotto la media generale (86,6%), ma raggiunge comunque un valore elevato.
Chi lavora arriva a fatica a un posto fisso in tempi brevi. E lo stipendio è inferiore ai colleghi usciti da altre facoltà. Hanno un contratto atipico 61 giovani letterati su cento, contro 43 su cento del complesso dei laureati. La stabilità dell’occupazione, a un anno dalla laurea, è dunque relativamente bassa: coinvolge, infatti, il 27% degli occupati, contro il 38% del complesso. A tre anni e cinque anni dalla laurea la stabilità è ancora molto bassa e riguarda, a tre anni, il 36% degli occupati in Lettere contro il 65% del complesso, mentre a cinque anni, rispettivamente, il 48 e il 75%.
Questo risultato è probabilmente influenzato dalla consistente quota di laureati in Lettere impiegati come insegnanti precari, per i quali l’inserimento nella scuola avviene senza dubbio con tempi più lunghi. Infatti, quasi il 55% degli occupati a cinque anni dalla laurea lavora nell’istruzione; gli altri settori sono i servizi ricreativi e culturali (9,4%), il commercio (4,5%), la pubblica amministrazione (4,2%). Il reddito mensile netto è inferiore alla media complessiva: a un anno è pari a € 784 (contro € 972 del complesso), a tre anni è € 951 (contro € 1.156) e a cinque anni è € 1.023 (contro € 1.249).
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