Facoltà per facoltà, una panoramica sul “futuro che ti aspetta”: un utile vademecum per affrontare al meglio la scelta del percorso universitario. Nella nostra Guida in edicola troverete inoltre: tutti i corsi di laurea, le città dove studiare, gli obiettivi formativi, gli sbocchi occupazionali e i profili preferiti dalle aziende.
A dispetto di quel che si potrebbe pensare in tempi di crisi economica imperante, Economia è una delle lauree vincenti che i dati Istat hanno incoronato come una delle più produttive dal punto di vista lavorativo. Solitamente che la maggior parte dei ragazzi (e buona parte delle imprese) considera generalmente la laurea lunga come la “vera” laurea, assegnando al titolo triennale un peso secondario.
La prova del mercato, però, almeno nell’area di studi economica sembra contraddire questa tendenza. Le lauree triennali del gruppo economico, infatti, hanno un tasso di occupazione del 76,4% con un reddito medio mensile di 1.317 euro. I neolaureati in economia appartengono a quella categoria di figure cosiddetta “trasversale”, ovvero che sono in grado di soddisfare, ad un tempo, esigenze contabili, amministrative e finanziarie, che sono richieste sia nelle imprese private che nelle istituzioni pubbliche.
Ogni azienda, infatti, ricerca tendenzialmente una parte dei propri dipendenti tra gli economisti, da impiegare sia negli ambiti prettamente finanziari del bilancio sia nel marketing. Solo due studenti su dieci hanno difficoltà a trovare lavoro. A questi laureati, oltre al titolo di studio, l’azienda non richiede null’altro: agli economisti, infatti, solitamente non viene richiesta esperienza professionale pregressa.
La maggior parte dei laureati di I livello continua gli studi per ottenere la laurea specialistica (79.3%); solamente un 20% non s’iscrive alla laurea specialistica adducendo nel 50% dei casi motivi di lavoro mentre il 18.5% frequenta corsi di Alta Formazione post laurea. La motivazione che spinge i laureati di I livello a continuare con la laurea specialistica è nel 50% dei casi per migliorare le possibilità di trovare lavoro, mentre il 38% continua a studiare per migliorare la propria formazione culturale.
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