G20 Roma, 1.5° tetto massimo riscaldamento globale ed emissioni zero entro 2050. Draghi: “Cambiare passo, il mondo ci guarda”

Draghi: “Vinciamo o falliamo insieme. Abbiamo la resposnabilità di mostrare la nostra leadership guidando il mondo verso un futuro più sostenibile. Necessario agire in fretta per evitare il disastro”
climate change and ice ages concept

La giornata del simbolico passaggio di testimone dal G20 di Roma alla COP 26 di Glasgow, parte con un bagaglio pesante, nonostante le indiscrezioni su un possibile accordo trovato rispetto al tetto massimo di 1,5 gradi di riscaldamento globale. Perché le dichiarazioni finali sulla lotta al cambiamento climatico sembra conterranno solo un vago riferimento al raggiungimento delle zero emissioni “entro metà secolo”.

Molti degli osservatori parlano già di flop. E ciò sembra essere confermato dalle parole del premier italiano Mario Draghi che voleva di più: “Rischiamo di pagare un prezzo più alto dopo e il fallimento se non agiamo tempestivamente e con forza“. Ma gli anticipi delle ultime settimane non lasciano spazio a molti dubbi. Basti pensare che il premier britannico Boris Johnson (si parla, dunque, del Paese che ha la presidenza della Cop 26) ha dichiarato che “bisogna essere molto modesti in questo momento” per quanto riguarda le aspettative sugli impegni presi per fare fronte ai cambiamenti climatici e “riconoscere quanto sia grande questa sfida”. Oggi si tengono due sessioni di lavoro ad hoc sul cambiamento climatico e sullo sviluppo sostenibile, poi la sessione conclusiva del vertice, che sarà seguita dalla conferenza stampa del presidente del Consiglio, Mario Draghi e degli altri leader. Il rischio è che nulla o poco si sia mosso rispetto al G20 di Napoli, quello in cui mesi fa il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, non è riuscito a portare a casa un accordo sulla decarbonizzazione e sull’impegno a rimanere sotto 1,5 gradi di riscaldamento globale. Se non c’è intesa sui tempi della prima, rischia di saltare anche il secondo. E allora come oggi, nello zoccolo duro, ci sono gli stessi Paesi.

Scetticismo americano sulle emissioni

Nelle riunioni con i suoi principali consiglieri di politica estera nelle scorse settimane lo stesso presidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha espresso chiaramente il suo scetticismo riguardo alla possibilità che i principali inquinatori accettino l’impegno di tagliare le emissioni. Secondo fonti citate dal Washington Post avrebbe detto: “Fondamentalmente, queste sono stupidaggini: non si muoveranno verso questi obiettivi”. Tutto questo in una riunione alla quale era presente anche il suo inviato speciale per il clima, John Kerry, che per mesi ha viaggiato da Ovest a Est in cerca di accordi, mentre Biden stesso ha ospitato due summit, ad aprile e a settembre. Tra l’altro, proprio dagli Usa, sono arrivate nel frattempo notizie poco rassicuranti. La Corte suprema, infatti, ha deciso di esaminare gli appelli di vari Stati a guida repubblicana e di industrie del carbone che chiedono di limitare i poteri dell’Epa (l’Agenzia per la protezione ambientale) per regolare le emissioni di anidride carbonica in base al Clean Air Act.

Boris Jonhson sul riscaldamento globale

Per il premier britannico “G20 e Cop26 potranno essere un successo, ma sarà un successo difficile. Dobbiamo essere molto onesti sui limiti” di ciò che si può fare. “Non possiamo bloccare il cambiamento climatico ed è anche impossibile fermare questo aumento della temperatura – ha proseguito – ma faremo del nostro meglio per tenere viva questa speranza e limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi”. Anche il ministro dell’Ambiente tedesco, Svenja Schulze, ha messo in guardia contro un possibile eccesso di aspettative nei confronti dei risultati della Conferenza mondiale sul clima. “Sarebbe un errore aspettarsi che le conferenze mondiali sul clima salvino spontaneamente il mondo: la sfida è troppo complessa per questo. Glasgow non sarà Parigi 2.0”, ha detto.

l freno arriva da Cina, India, Russia e Arabia Saudita. Ci sono diversi ostacoli sul percorso per un accordo globale. È proseguito tutta la notte e non sarebbe ancora chiuso il negoziato degli sherpa del G20 sul documento finale del Summit. Si cerca una difficile intesa sugli impegni, primo tra tutti la deadline del 2050 per l’azzeramento delle emissioni che alcuni Paesi come Cina ed India si rifiuterebbero di sottoscrivere, preferendo rimanere sulla scadenza del 2060.

Carlo d’Inghilterra: “Abbiamo responsabilità vero i giovani”

I leader di tutto il mondo hanno una “responsabilità enorme nei confronti delle future generazioni, ed è impossibile non sentire le voci disperate dei giovani che vedono voi in qualità di amministratori del pianeta tenere il loro futuro nelle vostre mani. Ma finalmente si sta percependo un cambiamento negli atteggiamenti, nonché la costruzione di uno slancio positivo” per far fronte all’emergenza climatica. Sono le parole del principe Carlo d’Inghilterra, intervenuto intervenendo sul riscaldamento globale al G20 sul “Ruolo del settore privato nella lotta ai cambiamenti climatici“.

Il principe inglese ha osservato che “circa 300 dei migliori amministratori delegati del mondo di ogni settore dell’economia, compresi i servizi finanziari, si sono uniti alla mia Iniziativa a sostegno di Mercati Sostenibili (Smi) e hanno dimostrato quanto siano sensibili al modo in cui sia i consumatori, che controllano più del 60 per cento del Pil globale, che gli azionisti stanno chiedendo cambiamenti nel modo in cui le imprese si comportano”, sottolineando dunque che la finanza e alcune delle aziende leader mondiali sono pronte a dare manforte a questo cambio di passo. Il principe Carlo ha poi ringraziato il premier Draghi “per aver riconosciuto l’importanza di certi temi e averli messi al centro di questo evento, perché abbiamo responsabilità enormi nei confronti delle nuove generazioni sul riscaldamento globale, inclusi quanti non ancora nati”.

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