Da stagista ONU a cameriera: ecco una delle giovani “Choosy”

Di esperienze ne ha fatte tante nonostante i suoi 27 anni. E’ passata per ogni forma contrattuale: dall’essere titolare di una ditta di catering, allo stage all’Onu, fino ad arrivare a lavorare come impiegata amministrativa. I Paesi dove ha cercato un impiego sono invece sette e la lingua non è mai stata un problema «quando non la conoscevo– racconta Alessia Bottone al Corriere dell’Università – iniziavo dai lavori più semplici, come la cameriera ad esempio».

Dopo la laurea, conseguita quasi un anno fa, ha deciso di iniziare a trovare lavoro. Qui, la sorpresa: dopo aver inviato oltre 200 curriculum non è ancora riuscita a trovare un’occupazione. «Le mie esperienze – racconta – erano sempre “troppo” per ogni profilo al quale mi candidavo». E aggiunge «mi sono anche proposta per fare le pulizie, ma ero troppo laureata».

Alessia hai girato sette Paesi, hai fatto 4 stage e all’età di 26 anni avevi già una laurea in Scienze Politiche. Pensavi di trovare subito lavoro una volta ritornata in Italia?
Non subito, ma dopo aver inviato 200 curriculum, onestamente sì. Non mi ha chiamato nessuno, nonostante molte aziende o associazioni chiedevano requisiti molto inferiori ai miei.

E ti sei chiesta il perché?
Il perché l’ho chiesto a loro. La mia curiosità era: c’è qualcosa che non va nel mio curriculum? Non è scritto bene, c’è una competenza che devo approfondire?

Ti hanno risposto?
A volte mi hanno detto che cercavano persone con meno competenze, altre che c’erano ragazzi che parlavano due lingue (e io in quei casi gli ho ribadito che io ne parlo tre), altre ancora che il mio profilo andava benissimo, ma avevano già trovato. Il vero problema è che siamo tantissimi. Tantissimi ad aver girato, ad avere una buona conoscenza delle lingue e a proporci per uno stesso profilo.

Per questo hai deciso di scrivere alla Fornero?
Diciamo che il primo sentimento che mi ha portato a scrivere al ministro è stata la rabbia. Dopo due stage, di cui uno all’Onu, e altre due esperienze non retribuite (il servizio civile internazionale e lo Sve, il servizio volontario europeo), mi trovo a fare la cameriera in un bar, lavorando poche ore al giorno.

Cosa le hai chiesto?
Una regolamentazione più moderna negli stage. Che senso ha fare uno stage post laurea e non aver diritto neanche alla retribuzione?

Come hai fatto a mantenerti durante questi anni?
Ho iniziato facendo la cameriera a 16 anni. Avevo messo da parte circa 8mila euro. Li ho spesi tutti, fino all’ultimo centesimo, per frequentare stage all’estero. Tanto valeva, come ho scritto nella lettera alla Fornero, andare a fare la commessa sei anni fa senza chiedere ai genitori di mangiare pane e cipolla per anni.

Una curiosità: sei stata a Dublino, Parigi, Bruxelles, Ginevra, Costarica, Uganda e forse mi dimentico qualche altro Paese. Ma dove hai trovato il tempo per studiare?
Ho sempre dato gli esami da non frequentante per girare il mondo. L’Erasmus è stato solo l’inizio del mio percorso, perché credevo che fosse fondamentale unire studio, esperienze e conoscenza delle lingue.

E oggi lo credi ancora?
Sì, nonostante la situazione in cui mi trovo. Sono laureata in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace. L’esperienza in Costarica, 4 mesi senza luce, acqua e gas, è stata irripetibile e formativa. Come del resto quella in Uganda.

A questo punto non posso non farti la domanda di rito: progetti per il futuro?
Al momento ho aperto un blog con le mie amiche: in soli 10 giorni abbiamo avuto oltre 5mila viste. Voglio riportare a galla tutto il sommerso che c’è nel nostro mondo. Voglio raccogliere le testimonianze, di chi, come me, a 27 anni continua a vedersi offerti solo stage. Di chi fa la commessa e viene pagata 200 euro al mese perché “deve apprendere”. Di chi è disoccupato ma non lo ha mai voluto ammettere. Di chi si sta chiedendo: «Come siamo arrivati a questo punto? Come abbiamo reso possibile che tutto ciò potesse accadere».

Anna Di Russo
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