<<Aaaaah allora vai in Erasmus eh? Feste, viaggi, esami facilitati per voi che siete stranieri…>>. Chi di noi Erasmus non si è sentito dire una frase del genere prima di partire? Ebbene, eccomi qui a smentire ogni asserzione. Sì gli Erasmus vanno a molte feste, ma hanno anche lezione alle otto di mattina e la maggior parte di noi si trova in un paese di cui non conosce la lingua; i più fortunati possono frequentare qualche corso in inglese, ma, generalmente, le lezioni si svolgono nella lingua ufficiale del paese in cui ci si trova, nel mio caso il Portoghese. Oltre a questo bisogna tenere presente che all’estero il sistema universitario è ben differente da quello italiano: qui non c’è la possibilità di chiudere tutti i libri e riaprirli durante le vacanze e procrastinare fino al terzo appello di febbraio o marzo! Qui ci sono test intermedi, lavori da scrivere e poi un solo “appello”, come diremmo noi, per cercare di recuperare qualche esame non passato. Oltre a ciò aggiungete tutte le difficoltà causate dalla non conoscenza di una lingua e dalla specificità di linguaggio richiesta da ogni disciplina. Ho iniziato da due settimane, eppure già ho così tante pagine da tentare di leggere e tradurre, il corso di portoghese, non restare indietro con nulla! Insomma mi sono ritrovata in un sistema universitario lontano anni luce da quello a cui sono abituata, finalmente! E poi oggi apro la casella di posta elettronica ed è Lui, il tutor di un corso che qui non esiste, ma avendo necessità di sostenere l’esame ho la possibilità di fare ricerca e scrivere trabalhos, così come li definiscono qui e molto simpaticamente mi ricorda: <<Deve dedicare al tutto duecentottanta ore di lavoro perché l’esame che ha nel suo piano di studi è di 12 crediti>>. Credo che queste comunicazioni vadano archiviate sotto la voce: come iniziare bene la settimana, o no?
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