E’ una giornata memorabile per la scienza. Alle ore 13.49 (italiane) la sonda New Horizons della Nasa sfiorerà Plutone, l’ultimo pianeta del sistema solare, sorvolandolo ad una altezza di “appena” 12.5000 km.
Sarà il culmine del viaggio cominciato lo scorso 19 gennaio 2006, più di 9 anni fa, quando da Cape Canaveral partì la sonda diretta ai confini del sistema solare.
Per coprire l’enorme distanza – 4,9 miliardi di chilometri – in un tempo accettabile gli ingegneri hanno dovuto progettare una sonda essenziale, leggera e dunque in grado di convertire in velocità tutta o quasi la spinta del razzo. Nel Laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University a Laurel (Maryland), nacque così New Horizons, grande quanto un pianoforte e pesante 478 chilogrammi.
E nello Spazio vola velocissima: pensate che per raggiungere la Luna gli astronauti dell’Apollo impiegarono 3 giorni. La New Horizon ha impiegato solo 9 ore, viaggiando a 52.000 km orari all’interno del sistema solare. Forse troppo per tirare il freno proprio ora, e arrivare a “stretto contatto” con Plutone.
«Abbiamo una sola possibilità» dice Alan Stern, a capo del progetto. Al momento del passaggio, tutti e 7 gli strumenti di cui è dotata la sonda saranno in funzione – li alimenta un generatore che trasforma in elettricità il calore del decadimento del Plutonio 238 – impegnati a scrutare un mondo mai visto.
«Se New Horizons sorvolasse New York alla stessa altezza – continua Stern – nelle foto potremmo osservare ogni singolo laghetto di Central Park». La sonda, comunque, scatterà foto, mapperà la superficie e cercherà di capirne la composizione. Per “parlare” con la Terra servono 4 ore e mezza, le prime immagini arriveranno mercoledì e per scaricare tutti i dati raccolti ci vorranno circa due anni.
Ma occhio, non è detto che sia già fatta. «A questa velocità basterebbe l’impatto con un chicco di riso – dice Stern – per rendere inutilizzabile la sonda».
A bordo della navicella gli astronauti americani hanno piazzato diversi oggetti: due bandiere a stelle e strisce, un pezzo della SpaceShip One, due cd con le foto dei componenti del team e 434.000 firme raccolte durante l’iniziativa “Spedisci il tuo nome su Plutone”. Ma anche 2 quarti di dollaro, un francobollo e una scatolina con le ceneri di Clyde Tombaugh, il primo uomo a scoprire l’esistenza di Plutone, nel lontano 1930.
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