Anvur e Miur si dividono i compiti. Pieni poteri al primo sulla valutazione della ricerca, mentre al secondo spettano i concorsi e le abilitazioni all’insegnamento. rete 29 aprile espone le sue perplessità sul ruolo dell’agenzia. Ma l’Anvur sottolinea la sua totale autonomia di organo terzo
L’intervista a Stefano Fantoni, presidente dell’Anvur
L’ANVUR sulla panchina degli imputati. Come risponde a chi ritiene che l’organismo operi con un’eccessiva concentrazione di poteri?
È bene fare chiarezza su due concetti: una cosa è la valutazione della ricerca, che è di totale competenza dell’ANVUR, l’altra sono i concorsi e le abilitazioni all’insegnamento che sono di competenza del Ministero. Il decreto, in merito al reclutamento dei docenti, lo scriverà il Miur, non l’ANVUR. Noi siamo chiamati ad individuare quei parametri per la valutazione della ricerca. Ci limitiamo a esprimere i principi in base ai quali i candidati dovrebbero essere valutati. Poi saranno le commissioni valutatrici a decretare l’assegnazione. Se riterranno di assegnare l’abilitazione scientifica a un docente, che non ha i requisiti richiesti, potranno farlo, ma dovranno motivare la loro scelta. Per quanto riguarda i commissari di concorso, proponiamo che questi siano sorteggiati e che abbiano una solida preparazione. Se si analizza l’aspetto di valutazione, non c’è altro ente che possa realizzare quest’operazione, senza essere portatore di interessi corporativi. L’unico ente terzo è l’ANVUR che ripeto, non avoca a sé nessun potere effettivo o presunto.
L’obiettività e l’indipendenza dell’ANVUR è posta in discussione. E’ vero?
Prima di tutto esiste una commissione internazionale (Research committee), che ha valutato 350 studiosi, riducendo la rosa dei candidati a 15. I quindici membri, appunto, scelti dal Ministero. Sarà poi il MIUR con decreto che stabilirà i concorsi. Può darsi che il Miur assegni all’ANVUR dei compiti specifici, in merito alla composizione delle commissione, ma le commissioni rimarranno autonome. Se ci dovesse essere accentramento di poteri, non saremo noi ad esercitarlo.
Questione annosa della distribuzione del fondo di finanziamento ordinario. Quale è il rapporto tra ANVUR e ridistribuzione delle risorse universitarie?
Alcuni dicono che facciamo gli sceriffi. Noi, invece, vogliamo imparare anche dalle associazioni di ricerca. Vogliamo approfondire lo studio sui parametri per applicare i criteri della valutazione in maniera trasparente ed oggettiva, aiutando il sistema universitario ad accogliere in modo sistematico il criterio di valutazione. Per il FFO di quest’anno, ovviamente, sono stati utilizzati parametri che esulano dall’operato dell’ANVUR, insediatosi dal 2011. Noi avremo competenze in merito alla valutazione della ricerca. Il nostro operato valuterà sulla didattica e sulla ricerca dal 2004 al 2010. Dati freschi che non ci saranno prima del prossimo anno, per ovvi tempi tecnici di lavoro.
Qual è il vostro ruolo in merito al recente decreto 396, sulla sostenibilità finanziaria degli atenei e la riallocazione delle risorse?
Sempre in prospettiva futura, l’ANVUR concorrerà a stabilire i principi della quota premiale da destinare alle università. Non lavoriamo su problemi che hanno a che fare con quanti finanziamenti andranno all’Università, piuttosto ci occupiamo della valutazione dell’Università, sia per quanto riguarda i prodotti della ricerca, sia per quanto riguarda le attività formative. Questo è il nostro mestiere. La nostra valutazione confluirà nei parametri che determineranno la quota premiale. Il nostro obiettivo principale è dare una prospettiva ai giovani. Dalla nostra posizione terza, possiamo aiutare i ragazzi affinché non emigrino.
Ne converrà che l’influenza indiretta sulla redistribuzione delle risorse risente dei parametri dell’ANVUR?
Ovviamente non ci competono eventuali tagli o redistribuzione delle risorse. Non vogliamo punire le università nel loro operato globale, ma valutare punti di forza e di debolezza per aiutarla a crescere. Non abbiamo un ruolo né requirente, né giudicante. La nostra mission è aiutare le università a crescere. E questo dobbiamo fare. La nostra filosofia è pensare ad una politica di reclutamento trasparente per i giovani, esprimendo pareri che il Ministero è libero di accogliere o di rigettare. E’ il ministero che fa i decreti, non noi. Il decreto sull’abilitazione all’insegnamento è in fase di definizione.
Nel vostro organico si registra un’assenza di specialisti nell’area umanistica. Ne risentirà la valutazione di questa area?
Non siamo tutti del ramo scientifico: c’è anche una sociologa e due economisti. Posso garantire che l’80% del nostro tempo è impiegato nelle discussioni sui parametri da individuare per l’area umanistica, che sono particolarmente difficili in un paese dove non c’è una tradizione al riguardo. Non abbiamo ancora trovato una risposta adeguata a questo problema. In merito alla scarsa rappresentazione in campo umanistico, abbiamo già nominato 14 esperti, ciascuno per ogni area disciplinare. Questi da una parte valuteranno i lavori di ricerca del settennio suddetto e dall’altra saranno nostri consulenti, membri aggiunti dell’ANVUR, per studiare le metodologie di valutazione. Il loro lavoro sarà di supporto nel contattare le associazioni ed gli enti di ricerca che vorremo ascoltare.
Cosa ne pensa delle polemiche suscitate intorno alla traduzione in inglese dei documenti scientifici?
Il criterio della traduzione, che consente l’internazionalizzazione della ricerca che vorremmo privilegiare, probabilmente va rivisitato per alcune aree umanistiche, in cui bisognerà adeguarsi all’uso della lingua italiana. Un aspetto molto delicato, sul quale si rischia di essere travisati. Ciononostante, deve essere chiaro che se un certo professore è conosciuto solo nella sua città di residenza, non riuscirà a dare una grande eco al suo lavoro. Per valutare un ricercatore non si può trascurare la fama del suo operato nell’ambiente internazionale. La ricerca, infondo, ha un senso quando viene trasmessa e diventa fruibile alla maggior parte delle persone.
Siamo comunque aperti ad altre modalità di valutazione, ma non possiamo non considerare il riconoscimento estero. Non ci sono quote rosa nella ricerca. Tutte le aree devono avere pari dignità. Se le aree scientifiche curano la loro internazionalizzazione, lo facciano anche gli altri, come meglio credano. Noi impareremo, ma questa visibilità ce la devono avere.
Nelle valutazioni saranno considerati anche i parametri utilizzati da classifiche internazionali, quali il Time Higher Education Word University Rankings?
Sì. Abbiamo aperto un centro valutazione ANVUR con una serie di quaderni che pubblicheremo su queste tematiche. Così come stiamo lavorando sulla perfomance della didattica e dei docenti, la loro presenza, efficienza didattica, argomento prossimo che cominceremo a breve.
Amanda Coccetti